“Un momento storico” per il Marocco e la piccola comunità cattolica del Paese. Un viaggio all’insegna del dialogo, in particolare con l’islam, della fede cristiana vissuta in armonia ecumenica in terra a maggioranza musulmana e del servizio ai più vulnerabili, i migranti. Questi i tre tratti che caratterizzeranno il viaggio di Papa Francesco a Rabat, il 30 e il 31 marzo. A sottolinearli è mons. Cristóbal López Romero, arcivescovo di Rabat, che ieri a Casablanca ha presentato alla stampa locale la visita del Papa che ha scelto come motto “Servitore di speranza”, con la croce cristiana e la mezzaluna islamica, rappresentati nei colori del Marocco e della Santa Sede. Nel dossier stampa che è stato dato ai giornalisti, si sottolinea che il Papa sarà accolto dal re Mohammed VI e il suo viaggio in terra marocchina comincerà pertanto all’insegna “del dialogo interreligioso, della comprensione reciproca tra fedeli delle due religioni e della promozione della pace e della tolleranza”. La visita inoltre si svolge nell’anno in cui si celebrano gli 800 anni dell’incontro tra san Francesco di Assisi e il sultano al-Malik al Kâmil e gli 800 anni della presenza francescana in Marocco (1219-2019). Trentaquattro anni dopo il viaggio di Giovanni Paolo II (il 19 agosto 1985), questa nuova visita rappresenta quindi un “momento che permetterà di continuare a far vivere questo messaggio di pace tra cristiani e musulmani”. Altro segno distintivo del viaggio di Papa Francesco è la solidarietà verso i migranti “in un Paese – si legge ancora nel Dossier – che ha da subito optato verso una politica di accoglienza degna e coraggiosa”.
“Un’occasione per riaffermare il sostegno di Papa Francesco al Global Compact sui migranti delle Nazioni Unite che è stato adottato a Marrakech nel dicembre scorso e per richiamare di nuovo la comunità internazionale a operare con responsabilità, solidarietà e compassione verso i migranti”.
Nel Dossier, oltre a ripercorrere tappa per tappa la visita del Papa a Rabat, si danno alcune informazioni pratiche. Alla messa che, domenica 31 marzo, il Papa celebrerà allo stadio Prince Moulay Abdellah, sono attese dalle 7mila alle 10mila persone. Ci saranno i membri della comunità cattolica del Paese ma anche “tutti gli amici della Chiesa cattolica”. Il Vangelo sarà quello della Parabola del Figliol Prodigo, nel segno – si legge nel Dossier – della “Misericordia di Dio” in sintonia con il “Dio clemente e Misericordioso” invocato all’inizio di ogni sura del Corano. Il Marocco ha accolto negli ultimi 15 anni numerosi studenti provenienti dai Paesi sub-sahariani di cui una gran parte sono cristiani e questa loro presenza ha dato nuovo vigore anche alla Chiesa cattolica locale. Sono 30mila i cristiani che vivono in Marocco, di cui 20mila cattolici e 10mila protestanti. Una Chiesa giovane la cui età media è intorno ai 35 anni. Il Sir ha raggiunto telefonicamente l’arcivescovo di Rabat, mons. Lopez Romero, prima della conferenza stampa di Casablanca.
Che cosa direte ai giornalisti per presentare il viaggio di Papa Francesco?
È un momento storico. Si svolge in un contesto di dialogo interreligioso. Per il popolo marocchino questo viaggio è molto importante perché è in qualche modo
un riconoscimento di tutti gli sforzi che il Marocco sta compiendo per progredire verso un islam moderato, di dialogo, tollerante.
Con quale stato d’animo il popolo marocchino sta aspettando Papa Francesco?
I media ancora non hanno dato rilievo alla notizia del suo arrivo. In questi giorni il Marocco ha ricevuto prima il Re di Spagna e solo qualche giorno fa il principe Harry con la consorte. I giornali hanno dato pubblicazione del programma della visita del Papa ma le aspettative non sono ancora cominciate. Ci aspettiamo con questa conferenza stampa di Casablanca che nei prossimi giorni la notizia dell’arrivo di Papa Francesco comincerà a fare presa sulla opinione pubblica.
Siete una piccola comunità cattolica. Che cosa significa per la Chiesa in Marocco accogliere Papa Francesco?
È il nostro Padre che arriva e arriva per confermarci nelle tre virtù teologali.
Viene per confermarci nella fede, viene per donarci speranza (tra l’altro il motto della visita è “Servitori della speranza”) e viene per abbracciarci nell’amore perché possiamo essere amore in questo Paese.
Il Marocco è un Paese di passaggio per i tanti migranti che dall’Africa tentano di raggiungere l’Europa. Quale sforzo fa la Chiesa per soccorrere queste persone?
È uno sforzo molto forte. Noi ci definiamo come una Chiesa del Buon Samaritano.
E come il Buon Samaritano indicato nel Vangelo vogliamo guarire, curare colui che è ferito e malato.
Il Marocco non è solamente, come lei diceva, un Paese di passaggio. È anche un Paese di emigrazione, in quanto sono molti i marocchini che migrano verso l’Europa ed è un Paese di destinazione. Qui ci sono persone provenienti dall’area sub-sahariana che decidono di rimanere in Marocco. Quello che cerchiamo di fare è dare delle risposte soprattutto ai più vulnerabili. Non possiamo fare tutto ma ci sono più di 120 persone che nelle due diocesi del Paese, Tangeri e Rabat, lavorano a livello professionale in Caritas per aiutare i migranti. Caritas è l’organizzazione più importante in Marocco che lavora con i migranti. E questo lavoro lo facciamo seguendo le 4 indicazioni date da Papa Francesco: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Lavoriamo su questi 4 livelli ma soprattutto per accogliere e proteggere i migranti più vulnerabili. Ogni anno più di 11mila migranti vengono accolti e protetti da Caritas e la Chiesa destina a questo scopo un budget considerevole.
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