Patrizia Caiffa
In Grecia, nell’isola di Samos, si rischia una grave crisi umanitaria: oltre 4.000 migranti e rifugiati sono intrappolati in condizioni terribili, mentre le tensioni con la popolazione locale vanno via via inasprendosi. Oltre alla più nota situazione nell’isola di Lesbo, l’hotspot di Samos, che può accogliere solo 1.500 persone, è sovraffollato all’inverosimile. Perciò, all’esterno del campo, le rigogliose colline coperte di pini della bella isola dell’Egeo sono tappezzate di tende e baracche precarie, senza elettricità, con pochi punti per la distribuzione dell’acqua e una ventina di toilette. Rarissimi i medici e gli psicologi. I volontari di qualche Ong locale cercano almeno di lavare le lenzuola per impedire il degrado totale. Ma d’inverno fa freddo, il cibo è scarso e accanto agli accampamenti spontanei si ammassano montagne di rifiuti e topi. L’assenza di servizi e la presenza, a ridosso della città, di migliaia di donne, uomini e bambini disperati stanno mettendo in difficoltà la convivenza con i 33 mila abitanti di Samos, che normalmente vivono di turismo e cominciano a manifestare insofferenza. Lo racconta al Sir Stamatis Vlachos, project manager di Caritas Hellas (Caritas Grecia). In Europa c’è stato lo scorso anno un calo complessivo degli arrivi (139.300 nel 2018) e un cambiamento delle rotte migratorie: la Grecia risulta al secondo posto dopo la Spagna, con circa 32.500 persone rispetto alle 30.000 del 2017. Dopo la crisi del 2015 con un 1 milione di arrivi attraverso la rotta balcanica e gli accordi con la Turchia nel 2016 per il blocco delle frontiere, “le persone stanno ricominciando a sbarcare sulle isole – spiega Vlachos -. Attualmente l’emergenza è nell’isola di Samos, vicino Lesbo”.
“Ci sono troppe persone nei campi e poche infrastrutture di base. Questo ha creato molti problemi, anche in ambito sanitario. La popolazione locale protesta, organizza scioperi. La situazione è esplosiva”.
C’è chi ha provato a partire anche 17 volte. Quelli che riescono a sbarcare a Samos partendo dalla Turchia affidandosi ai trafficanti vengono in maggioranza da Afghanistan, Siria, Iraq ma anche dai Paesi africani (Camerun e Repubblica democratica del Congo). Il 53% sono uomini, il 22% donne e il 25% bambini, tra cui 229 minori non accompagnati e moltissime famiglie. Tanti hanno subito violenza durante il viaggio, sono passati attraverso la Libia e hanno tentato la traversata verso la Grecia. “Di solito le persone provano una volta ad attraversare il Mediterraneo, se non riescono provano di nuovo e poi cambiano rotta – precisa -. Dalla Grecia ci sono persone che hanno tentato anche 10/15 o addirittura 17 volte, finché non riescono a raggiungere la loro destinazione, magari ricongiungendosi con familiari o amici”.
Tutti vorrebbero lasciare la Grecia. La maggioranza non vuole fare richiesta di asilo nei 26 centri in Grecia “perché questo non permetterebbe loro di spostarsi altrove in Europa”. L’Unhcr, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che prende in carico le richieste di asilo, ha tempi di attesa per la prima audizione fino al 2021.
“Le persone sono senza documenti, in fase di attesa, e cercano di rimediare passaporti falsi per muoversi”.
L’organizzazione umanitaria ha anche denunciato di recente la gravità della situazione generale a Samos. Molti migranti riescono a prendere un aereo da Atene verso altri Paesi europei. Oppure passano attraverso altre isole greche, sempre usando documenti falsi. “I trafficanti hanno organizzato un sistema molto raffinato – racconta il project manager di Caritas Hellas -. I migranti si presentano come turisti che hanno intenzione di fare un viaggio e tornare a casa propria in Paesi nord europei. In alcuni casi in si tingono i capelli o mettono lenti a contatto di un altro colore. La Grecia non è una terra ricca di opportunità, c’è tanta crisi e disoccupazione, perciò tutti vogliono partire”.
L’accordo con la Turchia e le responsabilità greche. Caritas Hellas non ha strutture in loco ma cerca di lavorare in collaborazione con le autorità locali, focalizzandosi su qualche aspetto specifico. “L’emergenza a Samos prima era simile a quella a Lesbo ma ora è peggiorata. So che la Commissione europea ha dato un feedback molto negativo sulle condizioni del sistema di accoglienza”, ricorda Vlachos, attribuendo le responsabilità sia all’accordo con la Turchia (che ha ricevuto 3 miliardi di euro dall’Ue, più altri 3 miliardi se gli impegni saranno rispettati), sia alle autorità greche che non hanno saputo gestire bene la situazione. Secondo la media internazionali nel periodo 2014-2020 l’Unione europea ha destinato 1,4 miliardi di euro alla Grecia per l’accoglienza dei migranti e i controlli alle frontiere, di cui 579 milioni già versati. Ma nel 2017 l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (Olaf) ha aperto una inchiesta su eventuali abusi.
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