DIOCESI – Il 70% degli immigrati irregolari non arriva con i barconi, ma con normali voli di linea e con visti turistici, poi lasciati scadere. In un solo mese, dal Sud Sudan all’Uganda (due stati africani) si spostano tanti migranti quanti ne arrivano in Italia in un anno intero. Solo il 2% dei cittadini africano emigra fuori dal proprio continente. Attualmente nel mondo ci sono 70 milioni di migranti e solo il 4% di questo flusso riguarda il territorio europeo. Sono numeri “controcorrente” quelli snocciolati mercoledì sera nell’auditorium comunale di viale De Gasperi, durante l’incontro “Per te nessuno è straniero”, organizzato dalla Diocesi di San Benedetto-Ripatransone-Montalto. Stimolati dalle domande di don Dino Pirri, ad animare il dibattito c’erano Carlotta Sami dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) e Nello Scavo, giornalista di “Avvenire”. I tre hanno dialogato davanti ad una sala gremita: posti esauriti, c’era chi sedeva sulle scale. Tra falsi miti e punti di vista alternativi, la serata ha offerto non pochi spunti di riflessione.
Un esempio è sulle recenti polemiche che hanno interessato le navi delle Ong, impegnate nel recupero di esseri umani abbandonati in mare. «Ha davvero poco senso dire che se, per ipotesi, un’imbarcazione batte bandiera olandese, allora deve essere l’Olanda ad occuparsi dei migranti salvati in mare da quella nave – ha detto Scavo -. Se si segue questa logica, allora l’Italia dovrebbe occuparsi anche dei tanti migranti diretti in Spagna salvati dalla nostra Marina e poi portati proprio in Spagna. Di queste operazioni, però, non si sente parlare nel dibattito nazionale che invece, prosegue, per slogan e con gli slogan si fa ben poco».
Scavo ha anche raccontato del suo viaggio lungo la rotta balcanica, seguendo alcuni profughi che dalla Siria erano diretti in Europa: «Cristiani siriani che nel loro viaggio venivano accolti da zone a maggioranza musulmana, mentre mano che si avvicinavano al cuore cristiano dell’Europa, come l’Ungheria, erano sempre più guardati con diffidenza: questo deve farci riflettere». I migranti che, invece, si affidano alla roulette russa della traversata in mare, oggi cozzano con la politica italiana dei “porti chiusi”. «E’ come mettere la polvere sotto al tappeto» commenta la Sami. In questo caso, il tappeto è l’instabile Libia: ultimo lembo di terra d’Africa prima del Mediterraneo. «In Libia continuano a perpetrarsi violenze orribili, anche su donne e bambini – afferma la rappresentante UNHCR -. Ci sono dalle 5 alle 7mila persone chiuse in veri e propri centri di detenzione e per loro va creato un corridoio umanitario che consenta di uscire da quel Paese, dove restano in balia dei trafficanti di uomini. Una decisione che la comunità internazionale deve adottare ragionando per trovare soluzioni e non slogan».
Al termine della serata, don Pirri ha tracciato un suo bilancio, riassumibile in tre concetti, non provi di caustico realismo: Uno – afferma il sacerdote – questi sono temi complessi che non possono essere affrontati con degli slogan, dunque diffiderò da chi lo farà. Due: dei poveri non c’interessa. Se i migranti fossero calciatori, cantanti o perfino gattini, avremo già ribaltato il mondo. Infine un pensiero positivo: se con una serata del genere, con pioggia e temperature in ribasso, l’auditorium si è riempito di così tanta gente, vuol dire che c’è voglia di avere più informazioni possibili su questo tema e questo può essere il seme di una piccola rivoluzione.
Le conclusioni sono state affidate al vescovo Carlo Bresciani: «La serata è stata uno stimolo per andare oltre, senza fermarci alle frasi fatte o alle generalizzazioni. La nostra fede ci indica che la solidarietà va attuata senza distinzioni tra noi e gli altri. Tutto il Vangelo è teso al superamento di tali distinzioni, non a caso Gesù ci ha lasciato il “Padre Nostro” e in quel Nostro sta l’intera umanità».