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Franco Veccia al 4° Seminario nazionale di Pastorale sociale

Bruno Desidera

Degli strani “gilet gialli” si aggirano tra camion, cataste di rifiuti e impianti d’avanguardia. Sono i convegnisti del 4° Seminario nazionale di Pastorale sociale, intitolato “Cercare un nuovo inizio, per una pastorale sociale capace di futuro: lavoro, giovani, sostenibilità”, rivolto in particolare ai direttori degli uffici di Pastorale sociale e alle associazioni interessate, che si è aperto mercoledì e si concluderà oggi a Treviso, all’hotel Maggior Consiglio.

Presente anche il direttore dell’ufficio pastorale sociale della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Franco Veccia.

In ascolto delle buone pratiche. Quella di oggi è stata la giornata dell’ascolto, da una parte della “piazza dei giovani” che scioperavano per il clima (solo a Treviso erano in 4mila), dall’altra della società civile e della sua creatività. La giornata dell’Italia delle buone pratiche su ambiente, sostenibilità, economia circolare, reti sociali e comunitarie, che fanno dire a Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, che “sta emergendo una nuova sensibilità ambientale nella società e nell’economia, particolarmente in Italia”. Così, al mattino, in sala, sono state portate da Giovanni Carrosio le esperienze che consentono ai piccoli paesi delle aree emarginate non solo di sentirsi vivi, ma di promuovere idee nuove e contagiose; mentre Giuseppe Savino ha illustrato il “rural hub” battezzato “VàZapp”, un singolare ambito nato a Foggia, di che vuole mettere insieme i contadini pugliesi creando non rappresentanza, ma “presentanza”, cioè rete comunitaria e di conoscenza, formazione, scambio tra generazioni.

Il “santuario del riciclo”. Ma la buona pratica vissuta “dal vivo”, con maggiore profondità, è stata quella della gestione dei rifiuti da parte di Contarina Spa, la società totalmente pubblica – i proprietari sono i 49 Comuni della Destra Piave trevigiana – che da anni macina un record dopo l’altro nella raccolta differenziata, oggi all’86%, contribuendo così in modo sostanziale al primato nazionale della provincia di Treviso.
Così, indossati per sicurezza i vistosi gilet gialli, i convegnisti hanno potuto visitare il nuovissimo impianto per il compostaggio di umido e vegetale a Trevignano e le apparecchiature d’avanguardia a livello mondiale del centro gestione rifiuti a Lovadina di Spresiano.

Una sorta di “santuario laico del riciclo”, quest’ultimo: quasi settimanalmente visitato da delegazioni di tutto il mondo e da politici di tutti i partiti.

I “gioielli” sono il primo impianto al mondo per riciclaggio di pannolini e assorbenti e il padiglione che divide, da una parte, plastica, vetro e metallo e, dall’altra, carta e cartone. Ma c’è anche l’impianto che depura e sminuzza il secco non riciclabile, riducendo al minimo la frazione da portare all’inceneritore.

La macchina che ricicla i pannolini. L’impianto per i pannolini lavora ancora a livello sperimentale e per il momento l’utenza proviene da ospedali e case di riposo. “Stiamo attendendo un cambio di normativa per poter considerare le tre parti in cui un pannolino viene riciclato – cellulosa, plastica e parte assorbente – materia prima e non rifiuto. In tal modo ci sarebbero molte possibilità in più di utilizzo”, spiegano gli operatori mentre illustrano il funzionamento di questa macchina, “un’autoclave che si può paragonare a una pentola a pressione che ruota su se stessa producendo un’altissima temperatura”. Quando le istituzioni faranno la loro parte e la normativa sarà cambiata, si andrà a regime anche per i privati. Così, la frazione secca non riciclabile, che in qualche comune si aggira già intorno al 90%, si ridurrà di un ulteriore 20 percento, quello appunto costituito da materiale assorbente.

Un modello che punta sulla responsabilità del cittadino. Ma gli impianti d’avanguardia, possibili grazie agli utili fatti da Contarina e puntualmente reinvestiti, sono solo la punta d’iceberg di un sistema ormai collaudato ed esportato anche in altre regioni (di recente, per esempio, a Forlì). A illustrarlo è Paolo Contò, direttore del Consorzio Priula, che raggruppa 49 Comuni, 554mila abitanti, 260mila utenze:

“Il primo criterio è quello della gestione omogenea; ogni cittadino, a prescindere dal comune di appartenenza, ha lo stesso trattamento e paga con i medesimi criteri. Questo significa che siamo noi a diversificare il servizio e ad adattarci, a seconda delle zone urbane, rurali o montane. In secondo luogo puntiamo sulla responsabilità del cittadino”.

Sono stati tolti i cassonetti lungo le strade e si è passati, ormai dal 2002, al “porta a porta”. L’utente paga solo gli svuotamenti di secco non riciclabile e di vegetale, “è portato a differenziare e i risultati sono immediati, l’abbiamo visto quando abbiamo avviato il porta a porta nella città di Treviso. In pochi mesi siamo passati da 300 Kg annui di secco per abitante a soli 60”. Il resto lo fa un sistema efficiente, grazie a 500 mezzi di trasporto e a una rete territoriale di ecocentri. Il sistema, conclude Contò. “crea economia circolare e posti di lavoro. Quando siamo partiti a Treviso sono stati quaranta in più, ma abbiamo calcolato che che il sistema venisse esportato in tutto il territorio nazionale, i posti in più sarebbero 90mila”.

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