DIOCESI – Il 18 giugno 1959 il Card. Domenico Tardini, Segretario di Stato di Giovanni XXIII, mandò a tutti i Vescovi del mondo una lettera, invitandoli a far pervenire a Roma entro e non oltre il primo settembre dello stesso anno voti e consigli su argomenti che sarebbero stati trattati durante il Concilio Vaticano II. Fra il luglio del 1959 e l’agosto del 1960 giunsero a Roma le attese risposte di tutto l’episcopato mondiale e fra queste anche quella di Mons. Vincenzo Radicioni, vescovo delle diocesi di Ripatransone e Montalto, unite nella sua persona. Il testo del nostro Vescovo si trova in RADICIONI V., Acta et documenta Concilii Oecumenici Vaticani II Apparando, series I, vol. II, pars III, Typis Polyglottis Vaticani, Città del Vaticano 1960, pp. 406-410.
In questo articolo ci interessa soltanto l’ultima parte del voto, cioè quella dedicata al tema della comunicazione. Scrive Mons. Radicioni: “Infine, in questo nostro tempo in cui le notizie anche quelle riservate subito si conoscono in tutto il mondo, l’intero mondo cattolico e soprattutto i Vescovi siano informati degli eventi, delle idee, dei costumi che riguardano la fede, i problemi ecclesiastici e la morale. Spesso accade di conoscere le notizie dai giornali cosiddetti indipendenti, che pubblicano le notizie mutile e non certe. Perciò ci si augura che i Vescovi, o almeno le Conferenze Episcopali, siano informati privatamente e prudentemente sui temi principali del momento che riguardano la vita religiosa e le questioni connesse” (traduzione di don Vincenzo Catani).
È interessante notare che su 2812 interpellati, furono 2150 le risposte giunte da tutto il mondo e solo 18 di queste toccano il tema della comunicazione. Mons. Radicioni è uno di questi! Dai documenti a nostra disposizione, possiamo dire che da parte di Mons. Radicioni ci fu notevole attenzione per la comunicazione in maniera costante durante tutto il suo ministero episcopale. Solo a titolo di esempio si potrebbero citare due fatti. Ad un anno di distanza dal suo insediamento, egli volle un giornale diocesano settimanale, La Vedetta Picena, che vide la luce il 12 aprile 1953.
Inoltre, nel novembre del 1956 volle in diocesi una tre giorni di studio sul tema dell’informazione e così si rivolse ai convenuti: “Non è assolutamente possibile restare insensibili e guardare dalla finestra, ma dobbiamo opporre anche con l’efficace mezzo della stampa nostra, una barriera granitica contro le forze dilaganti del male e dell’errore” (RADICIONI V., Messaggio per la “Tre giorni stampa”, in La Vedetta Picena, IV (1956), n. 46, 11 novembre, p. 4.).
Già a partire da questo messaggio del 1956 si avverte quali saranno le preoccupazioni di Mons. Radicioni nel voto del 1959. Se da una parte nel 1956 egli vede la stampa cattolica come “una barriera granitica contro le forze dilaganti del male e dell’errore”, dall’altra parla nel 1959 della stampa laica come autrice di notizie “mutile e non certe”, senza mancare di definirla “cosiddetta indipendente”, evidenziandone quello che a suo giudizio è un modo di essere di parte, senza dubbio ostile alla Chiesa.
Se da quanto brevemente esposto si può evincere l’attenzione di Mons. Radicioni per il mondo della comunicazione, non si può fare a meno di notare che la sua visione, in linea con la cultura ecclesiastica del tempo, è dominata dalla preoccupazione di resistere a quella che lui stesso chiama “cosiddetta stampa indipendente”. Si tratta di un atteggiamento di difesa ed è per questo che egli chiede che il Concilio tratti il tema e si muova affinché i Vescovi vengano preventivamente informati, magari da organi di informazione direttamente dipendenti dalla Chiesa.
Se queste pur comprensibili posizioni, condivise anche dagli altri vescovi, sono le premesse, possiamo dire che è stato un vero e proprio miracolo che il Concilio abbia partorito un documento come quello della Inter Mirifica, la Magna Charta della comunicazione cattolica!