L’evento formativo ha avuto come punto centrale la lectio divina sul Quarto Canto del Servo di Jahvè (Is 52,13-53,12), testo usato nella liturgia cristiana della Settimana Santa. La scelta, come ha spiegato suor Riccarda, è stata dettata dall’importanza di prepararsi alla celebrazione del Triduo pasquale. In queste celebri pagine, esordisce la suora riferendosi ai 4 canti, è semplice prefigurare il Messia, profeta per eccellenza. Emerge infatti dalla lettura dei carmi del servo sofferente un personaggio straordinario al quale viene affidata una missione da Dio. Un eletto che nell’annunciare il giudizio non si mostra potente, non alza il tono della sua voce e non agisce con violenza contro l’iniquità del potere, ma è l’uomo della compassione che “…proclamerà il diritto con verità” (Is 42,3).
Questo personaggio che non ha nome, ma che la tradizione giudaica identifica con Israele, ci introduce nella grande attesa e viene rappresentato come un profeta che porge l’orecchio in ascolto della parola di Dio, rendendola efficace nella speranza e nella grazia. Il servo, dice suor Riccarda, colui che Dio invia, è l’uomo dell’ascolto e della parola il cui atteggiamento però non è trionfale, ma affronta il dolore presentando il dorso ai suoi aggressori, non sottrae la faccia ad insulti e sputi (cfr Is 50,6).
Un uomo indifeso, ma fermamente convinto che l’agire con violenza non conduce alla vera giustizia. Nel quarto carme, come spiega suor Riccarda, il dolore e la sofferenza non sono segno di reiezione, ma di elezione da parte di Dio, si assiste infatti a qualcosa di straordinario, mai visto, perché è la sua sofferenza che redime. Dio presenta il successo del suo eletto (cfr Is 52,13) annullando la teoria della retribuzione: è il servo che soffre per la crudeltà degli uomini, ma è anche l’innocente nel quale risplende la luce di Dio. Questa sofferenza, frutto dell’amore e del perdono, nella quale Dio è sempre presente, ci introduce nella dimensione del mistero della redenzione e della salvezza.