CUPRA MARITTIMA – È uscita in questi giorni la nuova silloge di Gianni Marcantoni, poeta di Cupra Marittima, dal titolo “Ammessi al paesaggio” edita da Calibano, pp 288, giungendo così alla sua sesta pubblicazione, dopo avere ottenuto con le sue precedenti raccolte, svariati premi e riconoscimenti. Subito l’attenzione ricade sull’immagine di copertina, molto suggestiva e singolare che utilizza uno scatto eseguito dal poeta, nella quale si vede una figura umana stilizzata in bianco e nero, rovesciata a testa in giù, che sembra cadere – o caduta – al suolo.

Questi versi giungono da un’attenta ricerca effettuata nel complesso mondo del linguaggio e delle emozioni, degli stati d’animo, ma con uno sguardo sempre più rivolto al mondo circostante, ai vari aspetti della società odierna, con un continuo analizzare e guardare dentro e fuori di sé, in una realtà che troppo spesso appare disumana, intrisa di orrori, arroganza e inquietudini. Un necessario interrogarsi e chiedersi verso quale direzione l’umanità si stia dirigendo, ammesso che non si sia già perduta in qualche anomala dimensione, sempre più staccata dalla realtà e distante dalle vere necessità dell’uomo, il quale sembra avvicinarsi a molteplici forme di alienazione ed abbandono; un individuo smaterializzato all’interno di una identità sfuggevole.

In tutto ciò, gli “ammessi al paesaggio” diventano coloro ai quali la vita è stata strappata con violenza, con sopraffazione, abusi; atti compiuti contro esseri indifesi, fragili od inermi. Volerli riammettere al paesaggio vorrebbe poter dire, per il poeta, riammetterli nuovamente alla vita, restituire loro il diritto a vivere, ridando con ciò quella esistenza tolta prematuramente ed ingiustamente. Se tutto questo fosse per assurdo realizzabile, forse il mondo oggi avrebbe una possibilità in più di non soffocare, di non implodere, di non perdersi nella disgregazione, potendo invece mostrare maggiore pietà verso l’altro, più comprensione ed umanità. Così come si legge nella prefazione della scrittrice e poetessa Rita Armanda Bigi, che ha ripreso con massima cura alcuni versi dell’opera: La verità è che siamo stati scelti per essere, AMMESSI AL PAESAGGIO e non importa “ritrovarci allineati sui brandelli dell’esistenza, prima che qualunque eternità ci possegga”, se ci muoviamo “sotto un cielo trasandato”, se ci tocca scendere “nel pieno di un dolore immane”, se siamo nati “da un parto precipitoso cadendo dai roghi bruciati di una meteora”, se “la vita non si capisce bene cosa sia stata”, perché alla fine della trama “arriveremo – un giorno – ai piedi/ di una botola segreta,/ che all’apertura ci mostrerà/ il grano azzurro dell’altro emisfero nascosto”. Che io sia nel ruolo dello scrittore o del lettore, le parole dissotterrate sono capaci di dare un nome alle emozioni e scoprire che “un solo giorno/ – di una sola ricchezza – è abbastanza/ per morire nell’incolumità di un verso”.

Non resta quindi che leggere e scoprire questa nuova opera, immergersi nella vastità profonda dei personali versi di Gianni Marcantoni per guardare ai molteplici aspetti dell’animo umano, ai quali non sempre si riesce a dare spazio e voce.

 

 

 

 

 

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