“A Torre Maura si è compiuto un gesto anti-eucaristico: distruggere il pane per i poveri. Ogni cristiano dovrebbe sentirsi scandalizzato. La vera ricchezza della Chiesa è nei poveri. Quando si getta il pane loro destinato, si compie un sacrilegio”. Dom Bernardo Gianni, abate di San Miniato al Monte, parte dalla cronaca di questi giorni per riflettere sulla Settimana Santa ormai alle porte. Impegnato nelle attività pastorali in vista della Pasqua, l’abate ha concluso da poco meno di un mese gli Esercizi spirituali che ha guidato per Papa Francesco e la curia romana ad Ariccia.
“La città dagli ardenti desideri” è stato il tema degli esercizi. Perché quest’attenzione?
La città è un tema caro a Francesco, sul quale è intervenuto diverse volte sia come arcivescovo che come Papa. In vari passaggi di Evangelii Gaudium si legge della sfida delle culture urbane, che sono una campionatura significativa del mondo con le sue potenzialità e i suoi problemi. Ma
anche delle speranze sottese alla convivenza urbana, dove il Papa ci chiede con coraggio di cercare Dio.
È un messaggio talmente importante e gravido di conseguenze pastorali e pasquali da essere occasione preziosa per qualificare il cammino quaresimale che muove dal deserto alla terra promessa. La città, da deserto, torni ad essere terra promessa dove incontrare il Signore.
I cattolici devono spendersi per la città?
Per preparare gli esercizi mi sono avvalso delle parole di Giorgio La Pira e della poesia di Mario Luzi perché testimonianza, prassi e bellezza sono inscindibili e irrinunciabili per ogni cristiano.
Anche quando le difficoltà e gli scontri tendono a prevalere?
Se pensiamo a quanto accaduto a Roma, nella periferia di Torre Maura, non possiamo che restare sconvolti. Ogni cristiano dovrebbe sentirsi scandalizzato dal gesto del calpestare il pane e interrogato alla scuola dei padri della Chiesa: da Basilio ad Agostino, da Giovanni Crisostomo ad Ambrosio.
La vera ricchezza della Chiesa è nei poveri.
Quando si getta il pane loro destinato, si compie un sacrilegio. La nostra testimonianza deve andare in direzione contraria, nell’assunzione di una responsabilità forte e chiara.
È una Pasqua meno sentita, in un momento di grave crisi economica e sociale?
La Pasqua, più del Natale, paga una certa distrazione dalla qualità essenziale del tempo liturgico. Ma forse, rispetto al Natale, è più preservato il suo autentico significato di speranza e di amore. Penso che ci possa essere una grande possibilità di risonanza spirituale in tutti coloro che, in pochi giorni, hanno l’occasione simbolica e reale di passare dalle tenebre alla luce.
Come comprendere il mistero della Resurrezione?
Qualsiasi lettura parziale della Resurrezione impoverisce la portata integrale del mistero di salvezza che il Signore gratuitamente ci dona.
Prendere il mistero pasquale tutto intero significa dire una parola di salvezza e di rivelazione del significato pieno della vita dell’uomo. La cui portata è molto più vasta della morte e del male.
Il Papa ha chiesto a una suora impegnata con le prostitute e le vittime di tratta di scrivere le meditazioni per la Via Crucis.
È una scelta in linea con le priorità del ministero petrino: essere attento a tutto coloro che gli uomini sono portati a scartare e che invece, alla luce del Vangelo, appaiono i primi e i prediletti. È la bellezza di una prospettiva che dà senso anche al nostro vivere, che è fatto di amore. Ma se questo amore, come ci insegna Gesù, lo selezioniamo soltanto per chi è dei nostri diventa assai parziale e riduttivo.
L’avventura di Dio non conosce esclusioni.