“Siate generosi e aperti. Non dimenticate la Terra Santa. Lo dico soprattutto ai giovani. Abbiamo celebrato lo scorso ottobre il Sinodo dei Giovani che ha prodotto l’Esortazione Christus vivit. Cristo vive lì dove è vissuto, morto e risorto. Oggi vediamo tanti sprechi, tante cose futili, bisogni che sono capricci. Fermiamoci un momento e chiediamoci se non possiamo davvero privarci di ciò che non è necessario per aiutare chi è nel bisogno”: nell’imminenza della celebrazione della Pasqua, è il card. Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, a lanciare un appello per la Colletta di Terra Santa, fissata per tradizione il giorno di Venerdì Santo. Un appello che fa seguito alla lettera, “Comunione e solidarietà con la Chiesa di Gerusalemme”, inviata poche settimane fa a tutti i vescovi del mondo per esortarli a pensare “con maggiore intensità ai fratelli e sorelle che vivono e testimoniano la fede nel Cristo morto e risorto in Terra Santa, esprimendo loro anche la solidarietà nella carità”.
“La Colletta è un invito a tutta la Chiesa a guardare alla Terra Santa come prototipo, paradigma della nostra vita cristiana – spiega al Sir il Prefetto -. In questi giorni che precedono di poco la Pasqua, cerchiamo di identificarci in Gesù. Cerchiamo di essere veramente cristiani che cercano la conversione. Facciamolo attraverso la preghiera, la meditazione, il ricordo dei luoghi santi e la solidarietà concreta verso i nostri fratelli cristiani della Terra Santa. Un aiuto loro necessario a vivere e a crescere anche come membri della Chiesa e discepoli del Signore”.
Eminenza, nella sua Lettera, citando l’Esortazione apostolica “Nobis in animo” di San Paolo VI, primo Papa pellegrino in Terra Santa (1964), dopo san Pietro, ricorda come “la Chiesa di Gerusalemme occupi un posto di predilezione nella sollecitudine della Santa Sede” e susciti anche preoccupazioni causa “i gravi problemi di ordine religioso, politico e sociale ivi esistenti”. Sono passati tanti anni ma tutto è rimasto immutato, queste parole sono di un’attualità drammatica…
Purtroppo è così. Il conflitto israelo-palestinese non ha trovato soluzione anzi si è ulteriormente complicato soprattutto per ciò che riguarda la nostra città santa di Gerusalemme. Ma pensiamo anche a tutto ciò che circonda la Terra Santa: gli orrori della guerra in Siria e in Iraq, l’estremismo, il terrorismo, la persecuzione dei cristiani. Tutto questo ci fa dire che c’è ancora violenza, dolore e morte. Ma
non vogliamo perdere la speranza di costruire un Medio Oriente nuovo,
nella pace, nella solidarietà e nella giustizia. La Chiesa cattolica, grazie alla Colletta per la Terra Santa, sostiene l’opera della Custodia, del Patriarcato Latino di Gerusalemme e delle altre chiese dei diversi riti che cercano di dare formazione, istruzione, elevazione sociale ai nostri fratelli cristiani.
Natale ci porta a Betlemme, la Pasqua a Gerusalemme. Sulla Città Santa, lacerata e contesa, si appuntano le mire politiche delle parti in conflitto. Dal Marocco, recentemente, Papa Francesco e il re Mohammed IV hanno lanciato un appello affinché ne sia preservata l’unicità, la sacralità e la libertà di accesso ai fedeli delle tre religioni…
Tutti gli appelli della Chiesa per questa città, dove siamo nati, cadono nel vuoto. Preghiamo per i responsabili politici perché ascoltino.
Gerusalemme non è la città dell’odio, della guerra e della divisione.
Al contrario dovrebbe essere il segno del mondo nuovo che tutti vogliamo costruire anche con i fratelli che non professano la nostra fede. È urgente porre fine al conflitto tra israeliani e palestinesi.
Una Via Crucis continua quella della Terra Santa e del Medio Oriente, forse è anche per questo che la Colletta avviene di Venerdì Santo?
Probabilmente è così. Non esiste giorno più significativo del Venerdì Santo. A Cristo Crocifisso il Venerdì Santo sono rivolti gli occhi di tutti i sofferenti, di chi non ha lavoro, di chi è emigrato, dei bambini abbandonati, delle donne maltrattate, di chi vive drammi familiari, di chi è perseguitato. Sono gli occhi di tutti e soprattutto di quelli che vivono in Terra Santa e in Medio Oriente.
Sempre nella sua Lettera lei ricorda l’emigrazione cristiana dal Medio Oriente e dalla Terra Santa. Un esodo che rischia di impoverire la presenza cristiana proprio nei luoghi nativi. Un Medio Oriente senza cristiani che Medio Oriente sarebbe?
Non sarebbe lo stesso. Oggi non si tende più molto a parlare di minoranze. Noi cristiani siamo un ‘pusillus grex’, un piccolo gregge, in mezzo a Paesi a maggioranza musulmana. Le comunità cristiane di tutti i riti sono un piccolo seme. Tuttavia, tanti secoli di presenza in queste terre hanno fatto delle nostre comunità un elemento di equilibrio e moderazione.
Per questo chiediamo che venga rispettato il loro diritto a restare nella propria terra, e non solo quello di emigrare. Diritto a non dovere andare via perché perseguitati, sottoposti ad attacchi terroristici, perché disprezzati e perché costretti dalla impossibilità di mantenere la dignità umana. C’è poi il diritto al ritorno alla propria terra.
Non è cosa facile, inutile illudersi. Sarebbe un grande beneficio per la pace e la giustizia che i cristiani tornassero alla loro patria. Sono tanti quelli che vivono lontano dalle loro case e terre e che, per quanto accolti e sostenuti in tanti Paesi anche occidentali, farebbero rientro nei loro Paesi e tornare ad essere lievito per tutto il Medio Oriente.
Tra tante ombre anche qualche luce, una di queste è sicuramente la ripresa dei pellegrinaggi…
Andare nei Luoghi Santi di Gesù, a toccare il Vangelo con mano, è davvero importante. Tantissimi pellegrini arrivano dalla Cina, dalle Filippine, dal Cile, dalla Colombia, dall’India, dall’Indonesia, dallo Sri Lanka. Essi sono una meravigliosa novità. Ho visto anche molti italiani, accompagnati dai loro vescovi e sacerdoti, impegnati a mostrare solidarietà concreta ai cristiani locali. Uno degli effetti più grandi di incoraggiamento per la Terra Santa viene, dunque, dai pellegrini. I gruppi visitano le parrocchie e incontrano le pietre vive della Chiesa locale che così non si sentono soli.
Cosa possono donarci i cristiani di Terra Santa e del Medio Oriente?
Ci donano una grande testimonianza di fede. È la fede che permette di affrontare tutte le difficoltà. Da loro dobbiamo imparare questo: non sono vinti. È gente che va avanti con la forza di Cristo e del Vangelo.
Non sono vinti.
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