Francia colpita al cuore. Le fiamme divampate nella cattedrale Notre-Dame hanno distrutto in una notte il centro della cultura e della storia francese. Ma, come è sempre successo in questo Paese, anche recentemente con gli attacchi terroristici del 2015, il Paese non si è chinato. Ha alzato la testa e risvegliandosi all’alba di un giorno nuovo, ha chiesto di ricostruire quelle mura e quelle volte, unendosi nel dolore e nella speranza. È questa la lettura – “incredibile” – che mons. Matthieu Rougé, oggi vescovo di Nanterre, offre al Sir. Raggiunto telefonicamente in questo comune francese situato nella banlieue nord-ovest di Parigi (Regione dell’Île-de-France), mons. Rougé racconta subito quanto sia personalmente legato alla cattedrale di Parigi dove è stato ordinato sacerdote e dove ha vissuto come sacerdote per 25 anni, segretario del card. Lustiger.
Mons. Rougé, quale emozione ha provato nel vedere le fiamme divorare Notre-Dame?
La commozione è stata doppia. Prima c’è la commozione personale per quel luogo in cui ho tanto pregato e vissuto anche quando ero giovane, cresciuto con le prediche del cardinale Lustiger che radunava lì tante persone. L’altra parte della commozione è stata vedere come la gente, in questa Francia scristianizzata oggi, ha reagito, facendo vedere come Notre-Dame sia luogo del suo cuore, il cuore del nostro Paese. Anche il presidente della Repubblica, che doveva prendere la parola nel difficile contesto economico e sociale che stiamo attraversando, si è recato alla cattedrale e ha invitato le persone a non perdere la speranza.
Perché il cuore del Paese?
Perché se si guarda alla storia, ci accorgiamo che tutti i momenti più forti che ha vissuto il nostro Paese, si sono svolti nella cattedrale di Notre-Dame. Faccio qualche esempio. Alla fine della seconda guerra mondiale quando la città di Parigi è stata liberata, il generale De Gaulle va a Notre-Dame per cantare il Magnificat. Quando De Gaulle stesso muore, dove si radunano tutti i Capi di Stato del mondo? A Notre-Dame. E quando Mitterand, che non era tanto credente, è morto, fu celebrata per lui nella cattedrale, come era suo desiderio, una messa dal card. Lustiger. La gente ha ancora alla memoria le lacrime di Helmut Khol in quella occasione. Anche dopo l’11 settembre e dopo gli ultimi atti terroristici recenti, il punto di riferimento per la Francia è sempre stata Notre-Dame.
Cosa rappresenta questa cattedrale?
È il luogo più significativo della nostra cultura e delle nostre radici cristiane. Abbiamo tante cattedrali gotiche in Francia che sono meravigliose come quella di Chartres e di Reimes… però Parigi è la città capitale e Notre-Dame è luogo di cultura, luogo dove il Re ha consacrato la Francia alla Madonna, luogo d’incontro imprescindibile. La prima pietra della cattedrale fu posata da Papa Allessando III e qui sono venuti 3 Papi: Pio VII, Giovanni Paolo II (due volte) e Benedetto XVI. E anche Roncalli, prima di essere Papa vi si è recato molte volte. È un luogo, quindi, importante per la Chiesa universale.
Ora si parla di ricostruzione. Saranno tempi lunghi?
La Francia ha voglia di ricostruire la sua cattedrale. Questo è certo.
Le persone più ricche hanno già dato soldi. Sono sicuro che ci sarà uno slancio di generosità. Ma ci vorrà tempo. Ora siamo alle prese con la Settimana Santa, con tutti i momenti liturgici. Stiamo in un tempo di organizzazione. Solo dopo inizierà il lavoro di ricostruzione. Il problema che preoccupa ora, per esempio, è la pioggia per questa volta aperta sul cielo. Sarà complicato e la ricostruzione richiederà un lavoro di almeno una ventina di anni. Però c’è un grande slancio.
Abbiamo visto in questo ultimo periodo una Francia divisa che è scesa più volte in piazza per manifestare stanchezza e malcontento. Lunedì, invece, abbiamo visto una Francia unita. Cosa resterà di questo incendio?
È vero che la Francia e anche la Chiesa stanno attraversando un periodo difficile, anzi difficilissimo. Però quanto è accaduto lunedì sera, manifesta che la Francia ha uno spirito di unione molto forte quando si tratta di affrontare qualsiasi difficoltà. Abbiamo visto per le strade di Parigi molti giovani che cantavano, pregavano. Fino a qualche giorno fa, i giornalisti sono stati molto severi nei confronti della Chiesa e i credenti hanno l’impressione di essere sotto tiro e marginalizzati. Lunedì, invece, abbiamo avvertito rispetto, solidarietà, vicinanza. È un momento importante. Le difficoltà ci saranno.
Ci saranno ancora le divisioni, forse anche le polemiche ma questo momento di verità rimarrà e tutto ciò deve essere valorizzato oggi.