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Venerdì il Cristo Morto di Monteprandone, una tradizione lunga 160 anni

MONTEPRANDONE – E’ una delle celebrazioni del Venerdì Santo più antiche e sentite nel territorio diocesano. Sta per tornare la tradizionale processione del Cristo Morto di Monteprandone. Un rito che si ripete in questa formula da ben 160 anni, ma con radici ancor più lontane nel tempo. Il punto di ritrovo dei fedeli è presso la parrocchia di San Niccolò di Bari: cuore del centro storico.

Da lì, domani, venerdì 19 aprile, intorno alle ore 21, partirà la processione che si svilupperà lungo  questo tragitto: via Corso, piazza dell’Aquila, via borgo da Mare, per poi girare nuovamente su quest’ultima arteria verso borgo da Monte, fino alle case popolari, poi via Leopardi, parco della Rimembranza, via Allegretti, via Corso, piazza dell’Aquila, via Roma fino alla Chiesa Parrocchiale. Per l’esattezza, le celebrazioni scattano già alle ore 15, con l’Adorazione della Croce.

Poi, in serata, per consentire un più comodo afflusso di fedeli al rito, c’è un servizio di bus-navetta gratuito, con partenza alle ore 20.30 dal piazzale dell’Eurospin, zona Centobuchi. Dalle 20.40 in poi, una navetta coprirà anche il percorso che va dal piazzale del convento S. Maria delle Grazie al centro storico.

Nell’organizzazione dell’evento collaborano la parrocchia di S. Niccolò, il Comune di Monteprandone, la Provincia di Ascoli Piceno, la locale Pro Loco e, naturalmente, la confraternita della Pietà e della Morte: gruppo che ha avuto un ruolo di primo piano nella valorizzazione di tale rito, che affonda nei secoli scorsi.

Ogni anno, dal 1500, migliaia di fedeli assistono con devozione alla storica processione, arrivando da ogni parte per vivere un momento spirituale che sa unire il folclore con la preghiera, la contemplazione con la storia, la tradizione con l’attualità. Sono oltre 300 le persone del paese che vestono i ruoli dei personaggi storici che compongono la processione, dalle pie donne ai portatori, dalia banda ai chierichetti.

La confraternita della Pietà e della Morte decise, nel 1847, di avere nella processione del venerdì santo una Bara bella e preziosa che potesse essere l’orgoglio di tutti i cittadini e nella sua bellezza far contemplare e pregare il Cristo Morto.

Fu così che l’artista Emidio Paci realizzò in legno la bellissima statua del Cristo morto e l’anno successivo Sante Morelli gli preparò la Bara realizzandola in legno e a misura delle stradine paesane. Nel 1851 si commissionò a Tito Boccachiodi ia doratura e nel 1855 con il velluto, le stoffe, le frange d’oro e d’argento, i cuscini e i fiocchi si completò anche l’ornamento. La spesa fu di oltre 220 scudi romani.

La Bara era terminata e così nel 1859 per la prima volta uscì in processione incantando i fedeli: maestosa, splendente, misteriosa, imponente e mistica. Ancora oggi l’elemento centrale della processione è la Bara e chiunque la vede ne rimane affascinato e non può fare a meno di ritornare l’anno successivo.

Essa pesa oltre 400 chili e viene portata a spalla da 4 giovani (vestiti di nero) che si danno il cambio con le altre squadre lungo il percorso. Il paese illuminato con le fiaccole respira l’aria mistica e medievale. Se tutta la processione si svolge attorno alla bara non bisogna trascurare le altre parti importanti e preziose:
La Croce e i simboli della passione;
Le sette parole dette da Gesù ricamate in oro su splendidi gonfaloni rossi;
Le vergini vestite di bianco rappresentate dalle bambine della parrocchia;
Le pie donne vestite di nero che con i loro canti di lamento accompagnano la processione alternandosi alla preghiera e al suono della banda;
Le ragazze con le sette spade;
La banda musicale con i mantelli neri;
Le autorità religiose e civili;

Marco Braccetti: