“Non esistono nella Chiesa self made man, uomini che si sono fatti da soli”. Ad assicurarlo è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla seconda parte della quinta invocazione del Padre Nostro – “Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”- e pronunciata di fronte a 27mila persone: “Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. “Nella vita non tutto si risolve con la giustizia”, la tesi di Francesco: “Soprattutto laddove si deve mettere un argine al male, qualcuno deve amare oltre il dovuto, per ricominciare una storia di grazia”. Perché “il male conosce le sue vendette, e se non lo si interrompe rischia di dilagare soffocando il mondo intero”. “Se non ti sforzi di perdonare, non verrai perdonato; se non ti sforzi di amare, nemmeno verrai amato”, il monito: “Gesù inserisce nei rapporti umani la forza del perdono”.
“Siamo tutti debitori verso Dio e verso tante persone che ci hanno regalato condizioni di vita favorevoli”, l’esordio di Francesco: “La nostra identità si costruisce a partire dal bene ricevuto”.
“Noi ci dimentichiamo tante volte di dire: grazie! Siamo egoisti”, il monito. “La nostra vita non solo è stata voluta, ma è stata anche amata”: ecco perché “non c’è spazio per la presunzione quando congiungiamo le mani per pregare”. “Chi prega impara a dire grazie e chiede a Dio di essere benevolo con lui o con lei”, la tesi di Francesco: “Per quanto ci sforziamo, rimane sempre un debito incolmabile davanti a Dio, che mai potremo restituire: egli ci ama infinitamente più di quanto noi lo amiamo. E poi, per quanto ci impegniamo a vivere secondo gli insegnamenti cristiani, nella nostra vita ci sarà sempre qualcosa di cui chiedere perdono”.
“Il Dio buono ci invita ad essere tutti quanti buoni”,
spiega il Papa: “Chiediamo al Signore di rimettere i nostri debiti come noi perdoniamo ai nostri amici, alla gente che vive con noi, ai nostri vicini, alla gente che ci ha fatto qualcosa non bella”. Dio perdona tutto e perdona sempre, perché è misericordia: “Nulla nei Vangeli lascia sospettare che Dio non perdoni i peccati di chi è ben disposto e chiede di essere riabbracciato”.
“Chi ha ricevuto tanto deve imparare a dare tanto. E non trattenere per sé solo quello che ha ricevuto”,
la ricetta per corrispondere alla grazia divina, così abbondante e così significativa. La logica è quella del perdono fraterno: “Se voi perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”, si legge nel Vangelo di Matteo. “Se tu non perdoni, Dio non ti perdonerà”, la tesi di Francesco: “Amore chiama amore, perdono chiama perdono”. “Alla legge del taglione – quello che tu hai fatto a me, io lo restituisco a te –, Gesù sostituisce la legge dell’amore: quello che Dio ha fatto a me, io lo restituisco a te!”, esclama Francesco. Poi, a braccio: “Pensiamo oggi, in questa settimana di Pasqua, se io sono capace di perdonare. E se io non mi sento capace, chiedere al Signore che mi dia la grazia di perdonare, perché è una grazia”. “Dio dona ad ogni cristiano la grazia di scrivere una storia di bene nella vita dei suoi fratelli, specialmente di quelli che hanno compiuto qualcosa di spiacevole e di sbagliato”, assicura il Papa: “Con una parola, un abbraccio, un sorriso, possiamo trasmettere agli altri ciò che abbiamo ricevuto di più prezioso: E che cosa è di prezioso che abbiamo ricevuto? Il perdono. Che noi siamo capaci di dare agli altri anche il perdono”.