“Un popolo per tutti. Riscoprirsi fratelli nella città”. Questo il titolo del convegno delle presidenze diocesane dell’Azione cattolica italiana (Ac), che si è svolto dal 3 al 5 maggio a Chianciano Terme (Si).
Presente per la diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, il vice presidente dell’azione Cattolica, responsabile del settore giovani, Marco Sprecacè.
La segreteria nazionale dell’Azione Cattolica ha invitato Sprecacè a far parte del pool di giornalisti per realizzare dei servizi proprio nei giorni del convegno.
Il seguente video è stato realizzato dal giornalista Sprecacé per l’Azione Cattolica nazionale.
Tre giorni per riflettere “sul tema della fraternità come categoria unificante, attraverso la quale l’Ac intende declinare il tema del popolo ‘civile’” poiché, come hanno sottolineato mons. Gualtierlo Sigismondi, vescovo di Foligno e assistente generale dell’Ac e mons. Stefano Manetti, vescovo di Montepulciano-Chiusi-Chianciano, nelle rispettive omelie delle due Messe celebrate, ‘il primo nome di cristiani è fratelli’”. La “fraternità”, quindi, come filo conduttore e come campo di confronto per gli oltre 600 partecipanti provenienti da tutta Italia, chiamati una volta tornati a casa, a “stare dentro la realtà del nostro tempo, nelle nostre città e nella nostra terra generando valore aggiunto”.
quando si ha paura del mondo, si vedono solo nemici, si perde la lezione della storia e non si guarda più la realtà con gli occhi della compassione, che è l’unico modo possibile. Il clima da rissa, da campagna elettorale costante, toni sempre belligeranti alimentati da fake news non aiutano.
È necessario avere visioni per risolvere e non dividere e saper scegliere degli itinerari. Itinerari non conosciuti e sicuri, ma sempre nuovi, che offrono una visione altra”. Itinerari che consentano a tutti i “cristiani e agli uomini di buona volontà di ritrovarsi nella missione, che poi è quell’agire altro cui tutti siamo chiamati”. “Una missione di Chiesa e di popolo – ha spiegato l’arcivescovo di Bologna -, non intesa come un’incursione di qualche audace che esce nel mondo, o come una stagione sacrificale per poi tornare al sicuro a casa.
Una missione non di coraggio, ma di amore”.
I cristiani infatti, ha concluso, “non sono coraggiosi ma sono gente che ama. Il vero coraggio di un cristiano è l’amore”.
Il sogno europeo. Al convegno si è parlato anche di Europa, con attenzione alle imminenti elezioni di fine mese. In particolare, un’intera serata serata dedicata all’Europa del passato e a quella del futuro, dal titolo “So(g)no l’Europa”. Presenti i ragazzi del progetto radio europeo “Europhonica”, colleghi di Antonio Megalizzi, il giovane reporter morto in seguito all’attentato terroristico dell’11 dicembre scorso a Strasburgo. Con loro Piero Pisarra, giornalista e sociologo, che ha ricordato l’importanza del “sogno europeo.
Un sogno popolato di volti
e quindi concreto. Un sogno alla cui origine vi è un’idea di apertura e fraternità e, proprio per questo, l’idea di un’Europa dei muri e del filo spinato è uno schiaffo alla storia del Continente”.
Stare in Europa è decisivo per il nostro futuro. Un’idea di un’Europa aperta e fraterna, soprattutto in vista delle elezioni, è stata rilanciata anche dal presidente dell’Azione cattolica, Matteo Truffelli, che intervistato dal Sir ha affermato: “L’appuntamento elettorale è un passaggio importante da cui dipende, più di quello che crediamo, il futuro del nostro Paese. Noi siamo abituati a pensare alle elezioni europee come a qualche cosa di relativamente significativo. Invece, sempre di più, dobbiamo acquisire la consapevolezza che
stare in Europa è decisivo per il nostro futuro”.
Pertanto, per Truffelli, per si deve arrivare alle urne “con consapevolezza, sapendo per cosa e come si vota, e sapendo anche che dal modo in cui staremo dentro l’Europa dopo le elezioni dipenderà gran parte di quello che l’Italia potrà essere, perché, in un contesto di fortissima globalizzazione,
da soli non possiamo sopravvivere né tantomeno essere protagonisti. Possiamo essere protagonisti solo se lo facciamo assieme a tutta l’Europa”.
La mistica del vivere insieme. Il presidente dell’Ac ha poi sottolineato l’importanza di “essere popolo per tutti e di camminare insieme a chiunque”. “Camminare insieme a persone di ogni età, condizione sociale e culturale, credenti e non credenti – ha detto -, prendendoci cura della vita concreta e dei bisogni più profondi della loro esistenza. Consapevoli del fatto che tutti questi bisogni hanno alla radice una necessità fondamentale: riscoprire dentro la vita la presenza del Signore”. Citando poi “la mistica del vivere insieme”, evocata da Papa Francesco nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, Truffelli ha esortato a “interpretare la nostra identità di credenti come un qualche cosa che non può essere circoscritta a noi stessi, ma che ci chiede di cercare gli altri come necessari compagni del nostro camminare dentro al mondo.
La ‘mistica del vivere insieme’ è proprio questo sentimento di bisogno che noi abbiamo degli altri e che abbiamo di camminare insieme con gli altri e per gli altri. È realizzazione della nostra identità più profonda”.
In questo senso, ha rimarcato, “quando si parla di fraternità, di camminare insieme, non lo si può fare pensando che sia tutto ‘rose e fiori’. La condizione della convivenza tra gli uomini è sempre anche una condizione di drammaticità e proprio per questo deve essere un camminare insieme che sa farsi carico delle situazioni di criticità, a partire da coloro che, dentro la città, meno sono ritenuti fratelli, come chi vive nella marginalità, chi non è considerato cittadino perché non membro della comunità e chi addirittura viene ritenuto membro di un’altra fraternità, quelli che consideriamo avversari o nemici”. Lo scoprire in ciascuno di essi tratti fraterni, ha concluso il presidente dell’Azione cattolica, “ci aiuta a capire e ricordare che apparteniamo tutti a una sola universale famiglia, quella umana”.
A conclusione del convegno Marco Sprecacè afferma: “La fraternità rappresenta un vero e proprio elemento unificante, attraverso la quale l’Ac intende declinare il tema del popolo ‘civile’ che non ha paura di intraprendere strade nuove per accogliere l’altro, incondizionatamente. Essere popolo per tutti vuol dire sapere che la nostra vocazione, che è anche la nostra identità, è quella di camminare insieme e tessere relazioni autentiche per costruire una mentalità forte, fondata sulla prossimità.”