M.Michela Nicolais

“Come cristiani, la nostra vocazione e missione è essere segno e strumento di unità, e possiamo esserlo, con l’aiuto dello Spirito Santo, anteponendo ciò che ci unisce a ciò che ci ha diviso o ancora ci divide”. Con queste parole il Papa ha commentato uno dei momenti del viaggio in Bulgaria: l’incontro con il patriarca della Chiesa ortodossa bulgara Neofit e i membri del Santo Sinodo, definito “un passo avanti sulla via della fraternità”. Nell’udienza di ieri, davanti a 20mila fedeli, ha ripercorso idealmente le tappe del suo 29° viaggio apostolico, in Bulgaria e Macedonia del Nord, dal quale è rientrato ieri sera.

ha ribadito Francesco: “Animato dal suo esempio di benevolenza e di carità pastorale, ho incontrato quel popolo, chiamato a fare da ponte tra Europa centrale, orientale e meridionale; col motto ‘Pacem in terris’ ho invitato tutti a camminare sulla via della fraternità”.

“Anche oggi c’è bisogno di evangelizzatori appassionati e creativi,

perché il Vangelo raggiunga quanti ancora non lo conoscono e possa irrigare di nuovo le terre dove le antiche radici cristiane si sono inaridite”, l’appello di Francesco sulla scorta di Cirillo e Metodio, compatroni d’Europa: “Con questo orizzonte ho celebrato due volte l’Eucaristia con la comunità cattolica in Bulgaria e l’ho incoraggiata ad essere speranzosa e generativa. Ringrazio ancora quel popolo di Dio che mi ha dimostrato tanta fede e tanto affetto”. L’ultimo atto del viaggio in Bulgaria è stato compiuto insieme con i rappresentanti delle diverse religioni: “Abbiamo invocato da Dio il dono della pace, mentre un gruppo di bambini portava le fiaccole accese, simbolo di fede e di speranza”, le parole del Papa.

“Hanno tanti migranti, ma li accolgono, e i problemi li risolvono. È una cosa bella di questo popolo: un applauso a questo popolo!”.

È l’omaggio, a braccio, del Papa al popolo della Macedonia del Nord, seconda tappa del suo 29° viaggio apostolico, accompagnato dalla “forte presenza spirituale di Santa Madre Teresa di Calcutta, la quale nacque a Skopje nel 1910 e lì, nella sua parrocchia, ricevette i Sacramenti dell’iniziazione cristiana e imparò ad amare Gesù”.

“In questa donna, minuta ma piena di forza grazie all’azione in lei dello Spirito Santo – il ritratto di Francesco – vediamo l’immagine della Chiesa in quel Paese e in altre periferie del mondo: una comunità piccola che, con la grazia di Cristo, diventa una casa accogliente dove molti trovano ristoro per la loro vita.

Presso il Memoriale di Madre Teresa ho pregato alla presenza di altri leader religiosi e di un folto gruppo di poveri, e ho benedetto la prima pietra di un santuario a lei dedicato”. Rivolgendosi ai giovani macedoni, Francesco li ha esortati “a sognare in grande e a mettersi in gioco, come la giovane Agnese – la futura Madre Teresa – ascoltando la voce di Dio che parla nella preghiera e nella carne dei fratelli bisognosi”. Poi una parentesi a braccio, per rivelare di essere stato colpito dalla “tenerezza” delle Missionarie della Carità, che “accolgono tutti, si si sentono sorelle e madri di tutti”. “Tante volte noi cristiani perdiamo questa dimensione della tenerezza – il grido d’allarme del Papa – e quando questa tenerezza non c’è diventiamo troppo seri, acidi. Queste suore sono dolci nella tenerezza, e fanno la carità così com’è.

“Quando si fa la carità senza tenerezza, senza amore, è come se buttassimo un bicchiere d’aceto! la carità è gioiosa, non è acida: queste suore sono un bell’esempio, che Dio benedica tutte loro!”.

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