L’Ong ricorda che quasi due anni dopo la fuga dalle violenze in Myanmar, i Rohingya continuano a vivere in campi sovraffollati, in condizioni igienico-sanitarie precarie, esposti a seri rischi per la loro salute. La prevalenza di malattie prevenibili tra la popolazione è la conseguenza di bassi livelli di vaccinazione, segno del limitato accesso dei Rohingya alle immunizzazioni di routine in Myanmar, così come l’alto numero di casi di diarrea acquosa deriva dalla scarsa qualità dell’acqua utilizzata nei campi e dall’accesso limitato della popolazione alle strutture sanitarie.
“Un milione di rifugiati Rohingya vive in condizioni drammatiche da quasi due anni”, spiega Jessica Patti, coordinatrice dello staff medico di Msf a Cox’s Bazar. “L’assistenza medica è fornita quasi esclusivamente dalle organizzazioni umanitarie ed è cruciale che aumenti la capacità di risposta delle autorità sanitarie locali per rispondere ai loro bisogni nel lungo periodo”.
Msf ha supportato campagne di vaccinazione e immunizzazione, ha curato, tra agosto 2017 e marzo 2019, 7.032 pazienti con difterite, 4.987 casi sospetti di morbillo e 99.681 per diarrea acquosa acuta. Ha fornito più di 193 milioni di litri di acqua clorurata a 77.430 persone, e completato 5 reti idriche e un sistema di fognature. Inoltre, per far fronte alla mancanza di cure mediche specialistiche per i rifugiati Rohingya e la comunità locale, ha aperto l’ospedale materno infantile di Goyalmara, dove verranno trasferiti tutti i neonati che hanno bisogno di cure specialistiche.
A pesare sulla popolazione Rohingya sono anche le esperienze traumatiche vissute durante la fuga dalle violenze in Myanmar. Anche per questo, da agosto 2017 a marzo 2019, gli psicologi di Msf hanno assistito 1.087 sopravvissuti a violenze sessuali e di genere, e hanno svolto 25.679 sessioni di salute mentale individuali e 41.480 di gruppo.