Non ci sono solo le polemiche sul gesto del cardinale Konrad Krajewski. Puntuali come sentenze sono arrivati anche i contrattacchi sulla Chiesa ricca che predica a spese degli altri. Il tutto naturalmente facendo leva su dati gravemente inesatti. Si prenda ad esempio il titolone di ieri in prima pagina di Libero: «La Chiesa in Italia possiede 115mila case e non le dà ai rom».
Poi vai a leggere l’articolo e ci trovi tutti, ma proprio tutti, i luoghi comuni falsi che da sempre accompagnano questa materia. Prima di tutto la confusione tra Vaticano e Chiesa in Italia.
Nel testo, infatti, le 115mila case vengono attribuite al primo e si dice che equivalgono al 20 per cento dell’intero patrimonio immobiliare italiano. In un altro passaggio poi si sommano anche gli immobili della Chiesa all’estero. Insomma un pasticcio. Vediamo di mettere ordine: la Città del Vaticano è uno Stato estero, distinto dalla Chiesa cattolica che opera in Italia a diversi livelli: Cei, 226 diocesi, 25mila parrocchie, centinaia di congregazioni religiose maschili e femminili.
Non tutto è del Vaticano, né è vero che il patrimonio immobiliare della Chiesa (se anche si volessero sommare tutti i tipi di proprietà) consta di 115mila case. In questo patrimonio rientrano infatti le 70mila chiese di proprietà ecclesiastica e altri tipi di immobili (conventi, sedi di istituzioni culturali come i musei, locali adibiti già a servizi di carità e assistenza ai poveri), che ‘case’, nel senso di appartamenti di civile abitazione, non sono.
I dati veri dicono che l’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, oggi possiede 1800 appartamenti a Roma e a Castel Gandolfo e 600 tra negozi e uffici. Circa il 60 per cento di questi appartamenti è affittato ai dipendenti vaticani a canone fortemente agevolato. Numeri assai lontani da quelli sbandierati nell’articolo.
Secondo luogo comune da sfatare. La Chiesa può contare su mille agevolazioni per non pagare le bollette, dice l’articolista. Altra notizia chiaramente falsa. Bollette, Imu e altre tasse la ‘Chiesa’, a tutti i livelli, le paga eccome. Per il patrimonio succitato il Vaticano nel solo 2018 ha versato nelle casse del Comune di Roma 5,4 milioni di euro per l’Imu e 338mila euro per la Tasi. Fuori Roma sono stati pagati 164mila euro, mentre l’Ires ha inciso complessivamente per 3,3 milioni di euro. In totale fanno 9,2 milioni di euro. Ai quali va aggiunta l’Imu pagata, diocesi per diocesi, quando non scattano le esenzioni previste dalla legge, che – si badi bene – non riguardano solo la Chiesa cattolica, ma tutto il mondo del non profit.
Infine il luogo comune del ‘portateli a casa vostra’ o dell”aiutiamoli a casa loro’. Due cose che la Chiesa fa da tempo e in silenzio. Sommando le bollette pagate in tutta Italia a favore dei poveri dalle Caritas diocesane e parrocchiali, verrebbero fuori centinaia di migliaia di euro ogni anno.
Inoltre gli unici che vanno nei campi rom a fare il doposcuola ai bambini e a cercare di alleviare le condizioni inumane di vita sono i volontari cattolici. Nelle mense Caritas si distribuiscono 6 milioni pasti gratuiti all’anno. Dulcis in fundo, la Cei ha destinato al Terzo mondo un miliardo e 909 milioni di euro in 29 anni, da quando cioè esiste l’8xmille. Che è solo una minima parte di tutti gli aiuti convogliati in quei Paesi dai missionari, dai religiosi e dai sacerdoti ‘Fidei donum’. Sono solo alcuni dati. L’elenco potrebbe continuare a lungo.