Dietro il progetto della Via della Seta “non si intravede ancora un disegno che vada oltre il comprensibile, ma non per questo condivisibile, desiderio di potere di Pechino”. Lo sottolinea Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta scuola di Economia e politica internazionale (Aseri) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, per il quale “se ne intuiscono, decisamente e pericolosamente, le ragioni che affondano in un passato più o meno lontano e illustre o ravvicinato e umiliante”, ma “non vi si scorgono idee sufficientemente nuove, atte a rimpiazzare la panoplia concettuale di un presente già agli sgoccioli”. Secondo Parsi, non si può nemmeno “pensare che sia credibile la proposta cinese di sostituirsi agli Stati Uniti come ‘alfiere’ di una globalizzazione che dimostra con rapida crescente evidenza la necessità di essere ripensata, maggiormente e meglio governata e, soprattutto, rimessa in sintonia con la smarrita natura liberale e progressiva, e non meramente neoliberale e neoconservatrice, dell’ordine internazionale”. “È anzi proprio la deriva ulteriormente autoritaria del sistema cinese sotto il comando di Xi, presidente a vita – rileva Parsi nell’editoriale dell’ultimo numero della rivista ‘Vita e Pensiero’ – a togliere qualunque illusione circa la proponibilità di una leadership di Pechino su un sistema internazionale che voglia mantenersi fondato non solo su sovranità plurali ma anche su sovranità democratiche e liberali”.