SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Sabato 18 maggio presso il centro Biancazzurro si è tenuto il secondo appuntamento della Scuola di Formazione Socio-Politica Lavoriamo insieme per il bene comune sul tema del bene comune. Ha introdotto i lavori il Prof. Fernando Palestini, direttore dell’Ufficio Diocesano della Cultura che ha evidenziato come la riflessione sul bene comune sia quanto mai necessaria in questo tempo pieno di contrapposizione e livori. Attingendo dai più recenti episodi, il Prof. Palestini ha citato quanto accaduto a Casal Bruciato, lo striscione contro il Papa esibito in Via della Conciliazione e le molte contestazioni che ha subito l’Elemosiniere del Papa per aver riattaccato la luce in uno stabile occupato.
Ha preso dunque la parola il primo relatore, Don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio Nazionale per i Problemi Sociali e il Lavoro che ha subito precisato come l’espressione bene comune sia tanto utilizzata quanto abusata nel dibattito pubblico.
Pertanto, ha affermato il sacerdote, per definire cosa sia il bene comune è necessario rispondere alla domanda “Qual è il fine del nostro vivere sulla terra?” Don Primo Mazzolari, partendo dalla sua realtà, avrebbe detto che il paese di Bozzolo (del quale era parroco, ndr) non aveva bisogno solo di spade, ponti e case, ma di un modo di stare insieme. Il bene comune è proprio questo: l’individuazione delle ragioni che ci tengono insieme. Oggi, nel pieno della campagna elettorale, i partiti evidenziano ciò che li divide e li contrappone, noi, invece, dobbiamo chiedere alla politica cosa ci tiene insieme.
La Rivoluzione Francese ha parlato di Liberté, Égalité, Fraternité. L’ideologia liberale ha privilegiato il primo aspetto, mentre quella socialista il secondo. Ci si è completamente dimenticati di sviluppare Fraternité. È quanto ha constatato Papa Paolo VI in Popolorum Progressio 66: “Il mondo è malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli”. Tale mancanza di fraternità è chiamata da Papa Francesco “cultura dello scarto”, mediante la quale le persone sono estromesse dall’ambito sociale, produttivo o economico.
Nell’attuale contesto culturale ci sono varie espressioni che sono contrarie alla nozione di bene comune: per la visione liberale il bene comune è la somma dei beni individuali, per la visione procedurale sostenuta da John Rawls il bene comune è dato dall’insieme di regole che garantiscono un minimo comun denominatore, per la visione che si rifà al comunitarismo di Alasdair MacIntyre il bene comune deriva dai valori della tradizione, infine per la visione socialista il bene comune è frutto delle istituzioni pubbliche. Per i cristiani, proprio come insegna San Tommaso d’Aquino, il bene comune è Dio, fine della creazione. Esiste poi il bene comune della comunità politica e quello delle formazioni minori, come la famiglia. Sul secondo punto, cioè quello che riguarda la comunità politica, bisogna tenere presente la variabile storica: infatti nel corso dei secoli si sono succedute diverse forme di comunità politiche (monarchia, repubblica, ecc.). Comunque sia, per la comunità politica possiamo individuare tre contenuti: la pace a livello politico, il bene agire a livello etico e il benessere a livello economico.
Nell’individuazione di ciò che è il bene comune sembrano fondamentali due passaggi della Centesimus Annus di Giovanni Paolo II. Al n. 40 leggiamo: “È compito dello Stato provvedere alla difesa e alla tutela di quei beni collettivi, come l’ambiente naturale e l’ambiente umano, la cui salvaguardia non può essere assicurata dai semplici meccanismi di mercato”. Ciò significa che ci sono alcune realtà che vanno tutelate, senza che da esse ci si possa aspettare qualcosa di utile e vantaggioso secondo criteri economici. Infine al n. 47 leggiamo che il bene comune “non è la semplice somma degli interessi particolari, ma implica la loro valutazione e composizione fatta in base ad un’equilibrata gerarchia di valori e, in ultima analisi, ad un’esatta comprensione della dignità e dei diritti della persona”.
Ha preso poi la parola Sauro Rossi, segretario regionale Cisl, che ha ricordato come per Don Luigi Sturzo il bene comune è un esercizio di amore sociale e come il filosofo Maritain lo identifichi con la “buona vita umana della moltitudine”. È necessario incarnare il bene comune nella realtà, tenendo sempre presente il contesto, come anche coltivare la libertà e allo stesso tempo la responsabilità, come ci ricorda Giovanni Paolo II in Sollecitudo rei socialis 38: “Questi atteggiamenti e strutture di peccato si vincono solo-presupposto l’aiuto della grazia divina-con un atteggiamento diametralmente opposto: l’impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a perdersi a favore dell’altro invece di sfruttarlo e a servirlo invece di opprimerlo per il proprio tornaconto”
I numerosi partecipanti, fra cui parecchi politici locali, al termine delle relazioni si sono divisi in quattro gruppi di lavoro per sviluppare le tematiche affrontate nelle relazioni.
Prossimo appuntamento sabato 21 settembre quando si parlerà di sussidiarietà con i professori Giorgio Vittadini e Massimiliano Colombi.
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