Fabio Zavattaro
Siamo ancora nella sala dell’ultima cena, con un altro dei cosiddetti “discorsi dell’addio” di Gesù ai suoi discepoli. Giovanni, nel suo Vangelo, ricorda le parole con le quali il Signore annuncia un tempo futuro in cui i discepoli diventeranno il luogo presso il quale Gesù e il Padre prenderanno dimora. Dice loro “che non rimarranno soli: con loro ci sarà sempre lo Spirito Santo, il Paraclito, che li sosterrà nella missione di portare il Vangelo in tutto il mondo”, ricorda il Papa al Regina coeli. “Paraclito” che significa colui che si pone accanto.
È la missione dello Spirito Santo, scrive Giovanni nel Vangelo ricordando le parole di Gesù; Spirito che “vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto”. Commenta il Papa: “nel corso della sua vita terrena, Gesù ha già trasmesso tutto quanto voleva affidare agli Apostoli”. Compito dello Spirito Santo, è “ricordare”, “far comprendere in pienezza e indurre ad attuare concretamente gli insegnamenti di Gesù”. È la missione della chiesa, dice Francesco, che si concretizza nella “fede nel Signore e l’osservanza della sua Parola”; nella “docilità all’azione dello Spirito, che rende continuamente vivo e presente il Signore Risorto”; e nell’”accoglienza della sua pace e la testimonianza resa ad essa con un atteggiamento di apertura e di incontro con l’altro”. Abbiamo bisogno della pace dono di Dio – non la pace del mondo, ma quella sorretta dalla speranza – perché nel nostro pellegrinare non mancano rischi, pericoli, ostilità e scelte coraggiose da assumere.
Abbiamo bisogno di una guida che ci aiuti a pensare, agire, e distinguere ciò che è bene da ciò che è male: è lo Spirito Santo, affermava Papa Francesco, che “ci aiuta a praticare la carità di Gesù, il suo donarsi agli altri, specialmente ai più bisognosi”.
La meta cui tendere è Gerusalemme, la città celeste, descritta con grande cura, fin nelle sue misure, nell’Apocalisse. Città che è la meta del cammino del credente, un pellegrinare fatto di essenzialità: la parola da osservare e custodire, il dono dello Spirito Santo e la pace donata dal Signore che vince ogni paura. Un luogo “dove non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate”. Città con le sue dodici porte aperte, con i dodici nomi delle tribù di Israele. Ma Gerusalemme non è soltanto la meta cui tendere, è anche messaggio per dire che tutti i popoli possono raggiungerla per scoprire che è la città stessa a scendere verso di noi in tutta la sua bellezza; le sue porte sono aperte a tutti coloro che saranno capaci di accogliere la parola del Signore, e lasciarsi trasformare dallo Spirito Santo.
Bellissima la descrizione della città santa che si legge in un midrash, un testo della tradizione ebraica: “dieci porzioni di bellezza sono state accordate al mondo dal Creatore, e Gerusalemme ne ha ricevute nove. Dieci porzioni di scienza sono state accordate al mondo dal Creatore, e Gerusalemme ne ha ricevute nove. Dieci porzioni di sofferenza sono state accordate al mondo dal Creatore e Gerusalemme ne ha ricevute nove”.
L’immagine di Gerusalemme dell’Apocalisse, dove non potrà entrare nulla di impuro, di falso, ma solo “quelli che sono scritti nel libro della vita dell’agnello”, evoca l’immagine della chiesa, comunità che cammina nella storia. Verso Gerusalemme, appunto. Per questo la Chiesa, dice Papa Francesco al Regina coeli, “non può rimanere statica, ma, con la partecipazione attiva di ciascun battezzato, è chiamata ad agire come una comunità in cammino, animata e sorretta dalla luce e dalla forza dello Spirito Santo che fa nuove tutte le cose”. Si tratta, per il vescovo di Roma, “di liberarsi dai legami mondani rappresentati dalle nostre vedute, dalle nostre strategie, dai nostri obiettivi, che spesso appesantiscono il cammino di fede, e porci in docile ascolto della Parola del Signore. Così è lo Spirito di Dio a guidarci e a guidare la Chiesa, affinché di essa risplenda l’autentico volto, bello e luminoso, voluto da Cristo”; è lo Spirito Santo che ci guida “nei sentieri della storia”, e ci educa alla logica del Vangelo, la logica dell’amore accogliente”.
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