È attualmente di 55 vittime (ma il numero potrebbe salire) secondo la Pastorale penitenziaria il bilancio degli scontri avvenuti in quattro carceri dello stato brasiliano di Amazonas tra domenica e lunedì. I dati ufficiali forniti dalla Segreteria dell’amministrazione penitenziaria (Seap) di Manaus hanno riferito di 40 morti. Secondo quanto detto dalle autorità, gran parte delle vittime presenta segni di strangolamento e asfissia e senza l’intervento della polizia il bilancio sarebbe stato molto più grave. Nel dettaglio, il bilancio è il seguente: Instituto Penal Antônio Trindade (Ipat) 25 morti; Unidade Prisional di Puraquequara (Upp) 6 vittime; Centro de Detenção Porvisória Masculino (Cdpm 1) – 5 morti; Compaj 4 morti. Quest’ultimo è lo stesso carcere dove all’inizio del 2017 morirono 56 detenuti.
Su quanto accaduto è intervenuta con una nota la Pastorale carceraria nazionale, insieme alla Pastorale carceraria delle diocesi dello stato di Amazonas. Nella nota si esprimono “dolore, lutto, e speranza per una vita liberata dall’attuale sistema carcerario” e si parla di un “massacro risultato di una detenzione di massa, trascuratezza verso vite di scarto, avidità di compagnie private e genocidio di cui è responsabile lo Stato brasiliano”. Nel duro comunicato, infatti, la Pastorale penitenziaria accusa: “Queste morti non avvengono a causa delle tanto sbandierate lotte tra fazioni, questa è una narrativa infida che trasforma parte della popolazione carceraria in responsabile per episodi che sono le conseguenze inevitabili di un sistema carcerario la cui funzione principale è la produzione di dolore, sofferenza e morte”. Per l’organismo ecclesiale si prosegue nella “logica della detenzione di massa e banalizzazione delle vite, di imprigionamento e sterminio di una popolazione vista come indesiderabile, per lo più povera e nera”. Una situazione che mostra “l’inequivocabile responsabilità dello Stato per la barbarie”.
Conclude la nota: “In solidarietà con le famiglie di tante vittime del sistema carcerario – i 55 che sono morti e gli oltre 700mila che lottano quotidianamente per sopravvivere in un sistema di produzione di morte – la Pastorale nazionale carceraria, guidata dalla missione di Gesù di Nazareth di liberare le persone private della libertà (cfr Lc 4,18), riafferma il proprio impegno nel nome della vita e insiste sull’importanza di una vasta mobilitazione sociale, di fronte all’ennesimo caso di genocidio promosso dallo Stato brasiliano. Trascurare questa lotta necessaria e urgente per un mondo senza prigioni è essere uniti alla barbarie”.