“Il pensiero di Tommaso di Aquino è sempre presente e vivo nella scienza teologica e in tutto il magistero pontificio, anche in quello sociale, ma spesso non lo si mette in rapporto con i concetti base dell’economia moderna”. Risiede in questo, secondo il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, il contributo più originale del libro “Aquinas and the Market. Toward a Humane Economy”, di Mary L. Hirschfeld, che ieri ha ricevuto il Premio Internazionale “Economia e società”, promosso dalla Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontefice.
Durante la cerimonia di conferimento del Premio, Parolin si è detto “colpito” la “sintonia” del volume premiato, e dunque del pensiero di San Tommaso D’Aquino, “con la catechesi sociale di Papa Francesco”: “Il Papa, e con lui tutta la dottrina sociale della Chiesa, parte da un concetto integrale di uomo, la cui felicità si realizza non nelle opzioni di consumo, ma nell’effettiva apertura e nella condivisione con gli altri e nel vero amore a Dio”, ha ricordato il cardinale, secondo il quale “l’opera ora premiata offre una base teorica, filosofica ed economica, per approfondire e sviluppare tali insegnamenti della Chiesa, e creare logiche economiche che riflettano un concetto integrale di uomo”. In particolare, il lavoro della premiata mette in guardia dal “riduzionismo antropologico”, che “consiste nell’eccessiva valorizzazione degli interessi dei singoli, per non dire dei loro comportamenti egoistici, che risulterebbero trasformati dal mercato in risultati positivi”. “Si opera un ulteriore riduzionismo intellettuale – il monito di Parolin – nel considerare che l’unico comportamento umano significativo per il pensiero economico è la massimizzazione del beneficio, inteso soprattutto in opzioni di consumo e ottenuto fondamentalmente tramite gli scambi di mercato”. Di qui l’attualità della “distinzione che l’Aquinate fa tra la vera felicità o vita buona, che consiste nell’esercizio delle virtù, e la falsa speranza di una felicità consistente nell’avere sempre più beni materiali”. Per S. Tommaso, infatti, “l’avidità, anche se coordinata dal mercato, tende sempre alla deificazione del denaro, perché sostituisce l’ansia di Dio del cuore umano con il miraggio dell’infinito accesso ai beni materiali”. Inoltre, ha sottolineato Parolin, l’avidità, “nell’ intrecciarsi con le possibilità di dominare il creato offerta dalla tecnologia, oltre a produrre l’illusione di avere i poteri di Dio produce una visione unidimensionale di tutte le relazioni umane, che vengono intese soltanto in termini di quantificazione monetaria”.
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