“Sono stato da poco alla frontiera tra Colombia e Venezuela e il ritmo di uscita dal Paese è impressionante”. Lo spiega Marco Rotunno, responsabile dell’ufficio comunicazione dell’Unhcr Italia, commentando i dati diffusi ieri dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) e dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr). Secondo le due organizzazioni, infatti, il numero dei venezuelani che hanno lasciato il loro Paese a partire dal 2015 ha sfondato la quota dei quattro milioni e in soli 7 mesi il loro numero è cresciuto di un milione. Continua Rotunno: “Ero al confine settentrionale, nel dipartimento colombiano di La Guajira, e ogni giorno entravano 600/700 persone in modo regolare. Ma la maggior parte entra dal Venezuela alla Colombia irregolarmente. Tutti conoscono la situazione nella frontiera a Cúcuta, la più frequentata, ma in realtà i confini tra i due Paesi sono di migliaia di chilometri e molto porosi. I punti di transito sono tantissimi”. La prima preoccupazione, di fronte a queste persone che arrivano, “sono le necessità di base, dare loro alimentazione, un tetto, assistenza sanitaria”.
Denutrizione e mancanza di cure mediche e medicinali sono situazioni, come è noto, all’ordine del giorno in Venezuela. C’è poi quella legata alle sacche di delinquenza, irregolarità, tratta e contrabbando al confine tra i due Paesi. “Tra i venezuelani – prosegue l’operatore dell’Unhcr – la paga di una giornata vale in Colombia come tre caramelle, è grande la possibilità di cadere in situazioni di schiavitù forzata, ci sono ragazze venezuelane costrette a prostituirsi per 2.000 pesos, cioè per poco più di 50 centesimi di euro”. Altra preoccupazione è quella di aiutare i Paesi di accoglienza, la Colombia in primo luogo, anche per evitare episodi di xenofobia, intolleranza e discriminazione che pure non sono mancati. “Meno però di quello che ci si potrebbe aspettare in Italia – riprende Rotunno -. I numeri in Colombia sono davvero alti, i venezuelani li trovi dappertutto, ti avvicinano in ogni momento per chiedere l’elemosina. Però ho trovato una situazione di più difficile accoglienza lo scorso anno alla frontiera brasiliana. Lì, infatti, c’è una differenza di lingua, tra spagnolo e portoghese, che già costituisce una barriera”.
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