“Ci sarebbe anche una persona ferita piuttosto seriamene da una pallottola di gomma” durante le proteste stamattina a Hong Kong dove molti manifestanti hanno cercato di impedire l’ingresso al Parlamento nel quale oggi si sarebbe dovuto votare per l’emendamento riguardante l’estradizione, grazie al quale cittadini di Hong Kong potranno essere estradati in Cina per questioni che in Cina sono considerate reati. Lo riferisce al Sir padre Gianni Criveller, missionario a Hong Kong del Pontificio Istituto missioni estere (Pime) da quasi trent’anni, adesso in Italia, a Monza, in quanto preside del Seminario teologico internazionale. Padre Criveller continua a insegnare a Hong Kong, dove è stato a febbraio e marzo, e a breve tornerà lì e in altri Paesi dell’Asia dove insegna. E da Hong Kong il missionario riceve continui aggiornamenti.
“Nell’ultima settimana ci sono stati almeno tre avvenimenti molto importanti: il 4 giugno la veglia commemorativa per i trent’anni di piazza Tienanmen a cui hanno partecipato più di 200mila persone, per la prima volta una manifestazione di più di tremila avvocati di Hong Kong contro la legge sull’estradizione e domenica la manifestazione contro l’emendamento, a cui ha partecipato più di un milione di persone, che su 7 milioni di abitanti è un segnale molto forte”, evidenzia il missionario. Per padre Criveller,
“l’emendamento sull’estradizione è una tragedia: tutti sono contro.
A favore c’è solo il regime di Pechino e questo governo che non è espresso dal popolo. Anche il Parlamento non è votato democraticamente, solo un terzo dei parlamentari sono votati dal popolo, gli altri sono nominati da gruppi pro Pechino”. Nel 2014, ricorda, “c’erano state le manifestazioni della cosiddetta rivolta degli ombrelli, durate più di due mesi. Nel 2015 alcuni giornalisti, piccoli editori e scrittori sono stati rapiti e portati di nascosto in Cina. Qualche mese fa ci sono state manifestazioni pacifiche, ma gli organizzatori sono stati messi in prigione: si chiedeva che a Hong Kong venisse introdotta la democrazia, come pure era stato promesso dalla legge base che governa Hong Kong. Purtroppo, Hong Kong sta diventando sempre di più una città come le altre della Cina. Certo, non è mai stata democratica ma è sempre stata libera: le persone potevano esprimere i loro pensieri”.
“Sono molto contento che Hong Kong abbia conservato un’anima”,
sostiene padre Gianni, come dimostra “la manifestazione di popolo di domenica”. Le proteste di ieri e oggi, invece, “vedono come protagonisti i giovani, prevalentemente studenti delle scuole medie superiori e in parte delle università che hanno un’agenda politica diversa da quella della gente che è scesa in piazza domenica scorsa: molti di questi giovani vogliono l’indipendenza dalla Cina, che è un suicidio politicamente parlando, anche se si può ammirare e apprezzare che abbiano questo sogno”.Il problema, avverte il missionario, “è il governo che non ascolta, è lontanissimo dalla gente, non rappresenta in nessun modo il sentimento popolare e con la sua politica esaspera i giovani.Leggevo proprio in questi giorni che un terzo dei giovani di Hong Kong vorrebbe andare via: il motivo non è economico perché lì si vive bene, meglio che in Italia, ma i giovani temono di finire sotto un regime liberticida. Stiamo tornando, infatti, al clima che si respirava negli anni Novanta, quando la gente aveva paura. Non saranno tanti, comunque, quelli che andranno via, ma solo quelli che possono permettersi studi all’estero – negli Stati Uniti, Canada e Australia, Inghilterra e Francia – dai costi astronomici e, quindi, proprio i figli dei governanti, che poi mandano la polizia a sparare sui ragazzi manifestanti”.
Il capo della polizia ha classificato gli scontri come “rivolta”: “Questo implica che per chi partecipa è prevista una pena molto pesante, anche dieci anni di galera”. Il missionario evidenzia:“Io non escludo che ci sia qualche studente molto esagitato, ma è una forzatura da parte della polizia considerare questi scontri come una rivolta. La polizia usa varie tattiche per esasperare le persone in modo che siano dichiarate violente e, poi, tra i giovani ci sono alcuni lì a provocare; i regimi fanno così, nel passato lo abbiamo visto decine di volte: non sappiamo da dove vengano le persone più esagitate, sono mandate da chi vuole che queste manifestazioni siano presentate come violente”.Cosa si aspetta adesso? “La situazione è in evoluzione – risponde padre Gianni –, a essere sincero non mi aspettavo neanche il milione di persone alla manifestazione di domenica, anche se c’è un precedente del 2003, quando si è tentato di far passare una legge sulla sicurezza nazionale che avrebbe deprivato Hong Kong delle sue libertà. Anche allora sembrava che nessuno potesse fermare l’approvazione della legge, ma le persone scesero in piazza – si parlò di mezzo milione ma erano di più –, dopodiché il governo ritirò la proposta di legge. Nessuno sperava che si potesse ottenere quel risultato. Nel 2014, invece, la ‘rivoluzione degli ombrelli’, che mirava all’introduzione della democrazia a Hong Kong, non ha avuto successo. Oggi il Parlamento doveva iniziare la discussione finale sull’estradizione, ma la discussione è stata rinviata. Ora non è chiaro se il rinvio è legato solo al fatto che non si può entrare in Parlamento oppure a una scelta politica. Questo è il particolare decisivo. Comunque, il fatto che la discussione sia stata rinviata è positivo, mentre è negativo, anche se non è una novità, che la polizia spari lacrimogeni e gas urticanti. Lo aveva già fatto nel 2014: per questo, gli studenti portano le mascherine.
Il comportamento della polizia non mi sorprende, ma mi indigna: è inaccettabile”.
Il missionario ricorda che ieri “la Chiesa di Hong Kong ha rilasciato una dichiarazione con un triplice appello: nel primo punto c’è un invito alla calma sia al governo sia alla popolazione, nel secondo si chiede al governo di posticipare l’approvazione di questa legge e di ascoltare tutti per trovare una via accettabile anche per la popolazione e nel terzo si chiede di pregare”.Oggi c’è stato un nuovo appello della diocesi di Hong Kong, in cui, davanti al deteriorarsi della situazione, ancora una volta chiede al governo e alla popolazione di “cercare una soluzione al dilemma attuale attraverso canali pacifici e razionali”.“Nella zona dove ora ci sono le manifestazioni dei giovani e le cariche della polizia – ricorda padre Criveller – dal 2014 padre Franco Mella, un mio confratello che si trova a Hong Kong, e io abbiamo continuato a celebrare messa sulla strada in ricordo della rivoluzione degli ombrelli.Pur essendo oggi la situazione molto grave, è consolante vedere che abbiamo mantenuto una luce accesa che ha portato frutto.La Chiesa cattolica è in prima linea. Il card. Joseph Zen, come al solito, è stato in prima linea nella manifestazione di domenica, come tantissimi preti e missionari”. D’altra parte, precisa padre Gianni, anche “il numero uno di Hong Kong, Carrie Lam, è cattolica, anche se ora non è molto popolare tra i cattolici. Ha studiato nella scuola delle canossiane, dove sono state raccolte 1.500 firme contro la politica che sta portando avanti.
La posizione dei cattolici, infatti, è contro la politica del governo.
Io spero che almeno lei che si dichiara cattolica non usi la violenza e non dia l’autorizzazione a sparare contro la folla. Sarebbe una criminale”.