Poveri come “discarica umana, trattati da rifiuti, giudicati parassiti della società”. Nel messaggio per la terza Giornata mondiale dei poveri, che quest’anno si celebra il 17 novembre sul tema “La speranza dei poveri non sarà mai delusa”, il Papa traccia un parallelo tra “la condizione del povero e l’arroganza di chi lo opprime”, presente nei Salmi ma purtroppo ancora dolorosamente attuale. “Restituire la speranza perduta dinanzi alle ingiustizie, sofferenze e precarietà della vita”, il compito allora come oggi. Quello dei Salmi “era il tempo in cui gente arrogante e senza alcun senso di Dio dava la caccia ai poveri per impossessarsi perfino del poco che avevano e ridurli in schiavitù. Non è molto diverso oggi. Passano i secoli ma la condizione di ricchi e poveri permane immutata, come se l’esperienza della storia non insegnasse nulla”. “Il povero è una protesta continua contro le nostre ingiustizie; il povero è una polveriera. Se le dai fuoco, il mondo salta”, la profezia di don Primo Mazzolari.
L’elenco delle “molte forme di nuove schiavitù a cui sono sottoposti milioni di uomini, donne, giovani e bambini” è dettagliato: “famiglie costrette a lasciare la loro terra per cercare forme di sussistenza altrove; orfani che hanno perso i genitori o che sono stati violentemente separati da loro per un brutale sfruttamento; giovani alla ricerca di una realizzazione professionale a cui viene impedito l’accesso al lavoro per politiche economiche miopi; vittime di tante forme di violenza, dalla prostituzione alla droga, e umiliate nel loro intimo”.
“Come dimenticare, inoltre, i milioni di immigrati vittime di tanti interessi nascosti, spesso strumentalizzati per uso politico, a cui sono negate la solidarietà e l’uguaglianza?”,
scrive ancora Francesco: “E tante persone senzatetto ed emarginate che si aggirano per le strade delle nostre città?”. “Quante volte vediamo i poveri nelle discariche”, la denuncia: “Diventati loro stessi parte di una discarica umana sono trattati da rifiuti, senza che alcun senso di colpa investa quanti sono complici di questo scandalo. Giudicati spesso parassiti della società, ai poveri non si perdona neppure la loro povertà”.
Per i poveri, il “dramma nel dramma” consiste nel “non vedere la fine del tunnel della miseria”: “si è giunti perfino a teorizzare e realizzare
un’architettura ostile in modo da sbarazzarsi della loro presenza anche nelle strade, ultimi luoghi di accoglienza”.
Così, “vagano da una parte all’altra della città, sperando di ottenere un lavoro, una casa, un affetto… Ogni eventuale possibilità offerta, diventa uno spiraglio di luce; eppure, anche là dove dovrebbe registrarsi almeno la giustizia, spesso si infierisce su di loro con la violenza del sopruso”.
Il Papa traccia anche il ritratto dei braccianti agricoli, che “sono costretti a ore infinite sotto il sole cocente per raccogliere i frutti della stagione, ma sono ricompensati con una paga irrisoria; non hanno sicurezza sul lavoro né condizioni umane che permettano di sentirsi uguali agli altri. Non esiste per loro cassa integrazione, indennità, nemmeno la possibilità di ammalarsi”.
Per i ricchi, è come se “si trattasse di una battuta di caccia, dove i poveri sono braccati, presi e resi schiavi, trattati con retorica e sopportati con fastidio”. È in questo modo che “diventano trasparenti e la loro voce non ha più forza né consistenza nella società. Uomini e donne sempre più estranei tra le nostre case e marginalizzati tra i nostri quartieri”.
“Si possono costruire tanti muri e sbarrare gli ingressi per illudersi di sentirsi sicuri con le proprie ricchezze a danno di quanti si lasciano fuori. Non sarà così per sempre”.
Ne è sicuro Bergoglio: il giorno del Signore, come descritto dai profeti, “distruggerà le barriere create tra Paesi e sostituirà l’arroganza di pochi con la solidarietà di tanti”. “La condizione di emarginazione in cui sono vessati milioni di persone non potrà durare ancora a lungo”, tuona il Papa: “Il loro grido aumenta e abbraccia la terra intera”. Poi la citazione di don don Primo Mazzolari:
“Il povero è una protesta continua contro le nostre ingiustizie; il povero è una polveriera. Se le dai fuoco, il mondo salta”.
“Dare speranza ai poveri”. È la “responsabilità” affidata ad ognuno di noi, a partire dalla prima delle beatitudini, che col passare dei secoli “appare sempre più paradossale; i poveri sono sempre più poveri, e oggi lo sono ancora di più”. “La promozione anche sociale dei poveri non è un impegno esterno all’annuncio del Vangelo”, ricorda Francesco esortando a non “rinchiudersi in un individualismo asfissiante”. L’esempio citato è quello di “un grande apostolo dei poveri”, Jean Vanier, scomparso da poco: un “santo della porta accanto” ha offerto alle persone deboli e fragili “una vera ‘arca’ di salvezza contro l’emarginazione e la solitudine”.
“I poveri hanno bisogno delle nostre mani per essere risollevati, dei nostri cuori per sentire di nuovo il calore dell’affetto, della nostra presenza per superare la solitudine. Hanno bisogno di amore, semplicemente. A volte basta poco per restituire speranza: basta fermarsi, sorridere, ascoltare”.
“Per un giorno lasciamo in disparte le statistiche”, l’invito finale.
0 commenti