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Il racconto da Hong Kong di padre Renzo Milanese (Pime), “è solo un rinvio”

M. Chiara Biagioni

“La sensazione che ha la gente è che è in atto un tentativo continuo di ridurre lo spazio di libertà a Hong Kong. Questo è quello che si respira. Alla manifestazione di domenica scorsa si vedevano persone normalissime sfilare per le strade. Coppie giovani con i bambini, persone anziane, moltissimi giovani. Il problema è la preoccupazione per le future generazioni. Si era detto che fino al 2047, la situazione sarebbe rimasta normale e invece a quanto pare ci sono segni che vogliono portare Hong Kong sotto il controllo di Pechino e questo preoccupa”. A parlare è padre Renzo Milanese, missionario del Pime, parroco della parrocchia Madre del Buon Consiglio di Kawloon in San Po Kong. Da 47 anni ad Hong Kong, il religioso descrive l’atmosfera che si respira in questi giorni in questo angolo di mondo. Prima la manifestazione domenica scorsa con un milione di persone scese per strada contro la legge sulla estradizione. Poi le violenze con almeno 81 persone, fra i 15 e i 66 anni, rimaste ferite. E infine la notizia che il governo di Hong Kong ha deciso di rinviare la discussione sulla controversa legge sull’estradizione. “Vedremo cosa succede, non è che questo rinvio comporti grande speranza”, dice il missionario. “Purtroppo questo genere di cose non vengono decise da Hong Kong, ma molto più in alto, da Pechino. Non so come si svilupperà la situazione. Al momento oggi è stata una giornata più tranquilla”. La diocesi cattolica di Hong Kong ha lanciato un secondo appello pubblico. “Purtroppo – si legge nel comunicato – la controversia sulla “legge sull’estradizione” è arrivata ad una fase di violenza e spargimento di sangue. Pertanto, ancora una volta facciamo un appello urgente perché  il governo della Sar (Special Administrative Region, n.d.r.) e la gente esercitino moderazione e cerchino una soluzione al dilemma attuale attraverso canali pacifici e razionali”.

Padre Milanese, dunque è solo un rinvio?

Hanno detto così. Il capo dell’esecutivo, Carrie Lam, aveva rilasciato nei giorni scorsi un’intervista molto dura. Ma questa mattina, ha dichiarato che c’è stata una mancanza di attenzione e di ascolto delle opinioni di Hong Kong ed una mancanza di comunicazione. Sono affermazioni che potrebbero indicare un ripensamento ma qui, non si avverte una grande fiducia da parte della gente in quello che viene detto. Siamo in una situazione di attesa. Vediamo cosa può succedere. Ma non si vedono segni particolari che possono aprire ad uno sviluppo positivo.

Ma la gente di Hong Kong cosa pensa?

L’opinione diffusa è  che le decisioni più importanti vengono prese a Pechino e che il governo di Hong Kong sia solo un esecutore di quanto si decide lì. La proposta di questa legge, per esempio, è decisamente venuta da Pechino. Un modo per evitare che gli avversari politici potessero trovare rifugio ad Hong Kong. Se è così, non è che ci siano prospettive di miglioramento.

La cosa interessante è che a manifestare sono stati soprattutto i giovani. A parte le frange più violente, questi ragazzi sono cresciuti in un clima diverso rispetto a Pechino. Come può, in futuro, la Cina fare i conti con questa nuova generazione?

L’atmosfera ad Hong Kong è decisamente diversa da quella che è in Cina. Questi giovani sono abituati ad un certo grado libertà anche se non si può dire che ad Hong Kong ci sia una democrazia di tipo occidentale. Cosa abbia in mente Pechino nei riguardi di questi giovani, è difficile da dire.

Il problema principale è che a Pechino interessa soprattutto poter controllare la situazione e non avere una opposizione che possa criticare apertamente chi è al potere.

Invece la comunità internazionale che margine di movimento e pressione ha su questa vicenda?

L’impressione che ho è che la Cina non si piega facilmente alle pressioni internazionali. In questi anni il Paese è riuscito a diventare una potenza economica seguendo politiche proprie. Anche le ultime dichiarazioni di Trump sono state bollate come interferenza negli affari interni cinesi. Non saprei dire se queste pressioni internazionali possano portare a qualcosa a meno che non ci siano convergenze di interessi molto forti. A Pechino interessa Hong Kong come centro finanziario mondiale e non può permettersi di rovinare o distruggere questo importante polo di interesse economico. Al tempo stesso la Cina, anche in passato – penso al movimento degli ombrelli del 2014 per l’elezione diretta del capo dell’esecutivo ad Hong Kong – la Cina non ha ceduto di un millimetro.

Che atmosfera si respira oggi ad Hong Kong? La gente ha paura, si temono evoluzioni violente?

La vita va come tutti i giorni. La gente lavora, i bambini sono andati a scuola, i negozi sono aperti. Non si vedono segni di tensione per le strade. Il punto è che ci possono essere altri incidenti nel caso in cui ci siano ulteriori manifestazione e proteste. C’è stato qualcosa questa mattina sulla linea della metropolitana ma sono a mio avviso azioni controproducenti. C’è piuttosto una preoccupazione diffusa per il futuro che va avanti da anni. L’emigrazione da Hong Kong verso l’estero che era stata molto alta subito dopo il 1997, è ancora relativamente diffusa.

Chi può e ha delle possibilità interessanti, cerca di andare altrove per dare un futuro ai propri figli. La preoccupazione è per le future generazioni.

E la Chiesa di Hong Kong, che posizione ha preso?

Si sta pregando per la pace e la speranza di dialogo. In questi giorni la diocesi ha invitato le parrocchie e le diverse comunità ad organizzare incontri di preghiera e messe per il benessere di Hong Kong. Non c’è una presa di posizione politica netta nello specifico di questa legge. Si dice che si tenga presente dell’opinione della gente, che ci sia sempre un dialogo aperto e che soprattutto si cerchi di evitare la violenza.

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