Leggi l’articolo: Diocesi, grande festa ad Acquaviva per il 60° anniversario di ordinazione sacerdotale del vescovo emerito Gervasio Gestori
DIOCESI – Sua Eccellenza Monsignor Gervasio Gestori, vescovo emerito della diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, il 28 giugno del 1959 veniva consacrato sacerdote dall’allora Arcivescovo di Milano il Cardinale Giovanni Battista Montini, poi divenuto Papa con il nome di Paolo VI e ora proclamato santo da Papa Francesco. In occasione di questa lieta ricorrenza il Vescovo Gestori ha rilasciato un’intervista per l’Ancora on line.
Eccellenza, ci racconta quel bellissimo momento in cui è avvenuta la sua ordinazione presbiteriale?
“Arrivato al sessantesimo anno di ordinazione sacerdotale ripenso al quel giorno in cui per la preghiera e l’imposizione delle mani del Cardinale Giovanni Battista Montini, arcivescovo di Milano, divenni sacerdote. Era una domenica quel 28 giugno, era presto, erano le sei del mattino perché vigeva qualche obbligo ancora di digiuno dalla mezzanotte, io con i miei quaranta compagni di seminario, ci recammo nel Duomo Ambrosiano per vivere un momento da lungo tempo desiderato. La cattedrale era strapiena di gente, c’erano tantissimi giovani, avevo accanto i miei famigliari e in quel clima di fede e di entusiasmo divenni sacerdote. Non ricordo praticamente nulla per la commozione che mi aveva preso, ma ho presente in maniera vivissima un’immagine: scendendo le scale del palazzo arcivescovile vidi mia madre e per la gioia scoppiai in pianto.
Sessant’anni di ordinazione sacerdotale, un dono del Signore. Eccellenza, come ricorda questi anni?
“Ora ripenso al lungo cammino percorso in questi sessanta anni. Riconosco che il Signore mi ha chiesto spesso di compiere delle scelte da me non desiderate o pensate in maniera diversa. Ero prete da un anno e mi venne chiesta l’ubbidienza di seguire spiritualmente circa duecento giovani seminaristi. Dopo otto anni mi viene chiesto di insegnare filosofia a tempo pieno nel liceo del seminario, mentre avrei desiderato insegnare altro.
Dopo qualche anno sono nominato Rettore del liceo del seminario e della Scuola Vocazioni Adulte, un impegno notevole e difficile in quegli anni di contestazione, gli anni dopo il Concilio Vaticano II. Sei anni dopo vengo mandato finalmente parroco in una grossa parrocchia, quella di sant’Alessandro di Melzo, di cui non conoscevo niente. Mi incamminai verso un servizio pastorale per molti aspetti ignoto, ma poi risultato molto gratificante. Dopo cinque anni di parrocchia mi arriva da Roma una telefonata improvvisa, era il 29 agosto del 1989, mi si chiedeva di lasciare la parrocchia per andare a servizio della Conferenza Episcopale Italiana come sottosegretario. Vissi giornate di tremenda lotta interiore, rimanere parroco, dove ero gradito, o partire per un servizio che mi era completamente ignoto?
Mia madre piangendo mi disse: “Fa la volontà di Dio”. A Roma rimasi sette anni e dopo i primi impegni verso le diocesi italiane, mi venne chiesto improvvisamente di iniziare e presiedere un comitato a servizio della carità nei Paesi del Terzo Mondo e così io piuttosto sedentario e senza conoscere una parola di inglese dovetti incontrare le persone più diverse (missionari, suore, ambasciatori, vescovi, cardinali) provenienti dai Paesi in via di sviluppo per concordare quegli aiuti che l’8xmille destinava a questo scopo. Arriva poi la nomina a vescovo per una diocesi che non conoscevo minimamente e anche questa volta: accettare o rifiutare?
Dissi al cardinale Ruini, presidente della CEI: “Ho insegnato per tanti anni a ubbidire e adesso mi contraddirei se dicessi di no”. Ecco in sintesi la storia del mio sacerdozio fatta di luoghi e di persone non scelte da me.
Lei, Eccellenza, come ricorda gli anni della “contestazione giovanile”?
Negli anni del mio sacerdozio e soprattutto quando ero in seminario come insegnante e rettore, scoppiò la famosa “contestazione del ‘68”. Non fu semplice né facile vivere quei momenti, nell’attenzione vera al mondo presente e nella fedeltà alla Chiesa e ai suoi pastori. Rileggendo questa mia storia, sento che il Signore mi ha condotto per mano sempre, specialmente nei passaggi difficili.
Come vive questi anni da vescovo emerito?
Ad Acquaviva quasi ogni giorno ricevo diverse persone, per un conforto, un consiglio, un suggerimento spirituale e questo mi permette di non sentirmi inutile ed emarginato. Adesso che sono vescovo emerito ho ripreso a rivivere, diciamo così, la vita del prete. Accolto cordialissimamente dal parroco e dalla popolazione di Acquaviva Picena, cerco di rendere ancora attivo il mio sacerdozio, anche se con modalità dettate dall’età. Incontrando il Papa Francesco in questi anni mi sono sentito di dirgli: “Santità, ho cercato di fiorire là dove sono stato piantato ed ora come vescovo che ha rinunciato, non sono disoccupato e soprattutto non sono più preoccupato. Vivo gioiosamente il mio episcopato cercando di essere ancora un poco utile alla Chiesa del Signore”.
Patrizia Neroni