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San Benedetto, “Chiesetta di legno”: passato e presente di un luogo sacro caro a residenti e turisti

La Cappella dell’Immacolata

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ufficialmente, si chiama Cappella dell’Immacolata; ma per tutti è la Chiesetta di legno. Parliamo del piccolo luogo di culto, incastonato sul lungomare sambenedettese. Un luogo familiare a tanti cittadini e, in questo periodo estivo, frequentata anche da molti turisti. La Cappella è affidata ai Frati minori conventuali della Parrocchia di Sant’Antonio da Padova. Il loro servizio spirituale è molto apprezzato dalle molte persone che, dopo una lunga domenica di mare, possono partecipare alla Santa Messa letteralmente attraversando la strada. La chiesetta, infatti, dista soltanto poche decine di metri in linea d’aria dalla spiaggia.

In tempi di comunicazione-social come sono quelli che stiamo vivendo, anche i luoghi sacri vengono commentati e “recensiti” nelle Agorà virtuali di Internet. Ad esempio, il motore di ricerca Google ha raccolto 6 giudizi sulla chiesetta, con risultati molto positivi: 4,5 Stelle su 5. «Molto bella – scrive Stefania Binni – e soprattutto i turisti trovano un luogo dove pregare sul lungomare».  Concetto confermato dal commento di Michele Liberati: «É molto piccola ed accogliente, in estate è sempre stracolma perché i turisti ne approfittano per ascoltare la Santa Messa».

Ma qual è la storia che sta dietro la Chiesetta di legno? A spiegarcela sono gli stessi frati della parrocchia di Sant’Antonio: «La storia della Cappella dell’Immacolata è strettamente legata a quella dei Frati Minori Conventuali di San Benedetto del Tronto. I primi frati arrivarono nella nostra città nel lontano 1939 e nel 1957 fu eretta la Parrocchia “S. Antonio di Padova” che abbracciava una vastissima zona (dal centro di San Benedetto del Tronto fino al quartiere Ragnola), territorio che in seguito fu ridimensionato per dare spazio alle confinanti Parrocchie “S. Giuseppe” e “S. Pio X”. Nel 1959 i frati, che erano già Assistenti Spirituali della Colonia CRAL dell’Aeronautica,  pensarono di sistemare una cappella prefabbricata nei pressi della colonia, su una vicina area demaniale (ove era ubicato anche il tirassegno), in modo che sia i bambini ospitati dalla colonia che le famiglie del luogo, potessero compiere le loro prati- che religiose ed avere assistenza spirituale».

«L’iter di questa pratica – sottolineano i religiosi – è stato molto lungo e, col passare degli anni, la richiesta di una cappella prefabbricata fu ampliata, nel 1962, con la domanda di costruzione di una scuola materna alla quale potessero accedere le famiglie di quella zona in forte espansione abitativa e turistica. In  seguito  l’impegno  pastorale  dei francescani ha cominciato a rivolgersi anche ai tanti turisti, che iniziavano ad affollare la nostra zona litoranea, nella quale stavano sorgendo numerosi alberghi, pensioni e nuove abitazioni. Questo forte sviluppo abitativo, rese più urgente la necessità di avere  una  cappella ove svolgere i servizi religiosi, che, nel frattempo, venivano officiati in alcuni locali presi in affitto situati in via Alessandro Volta».

Così si arriva al 1966 quando, prosegue il racconto «fu redatto un primo progetto, subito accantonato in quanto troppo oneroso. Successivamente fu stilato un nuovo progetto e, appena ottenuti i necessari permessi, i frati fecero erigere, tra le vie Oslavia e Giulio Cesare e prospiciente il Viale Trieste, un’artistica chiesetta in legno pregiato che fu inaugurata e consacrata nell’agosto del 1967. Il disegno a forma di “pagoda” fu eseguito dall’Ing. Filippo Cardarelli e tutta la struttura in legno fu donata dall’omonima ditta di legnami “C. Cardarelli & C. Sas” della nostra città. Questa cappellina, dedicata all’Immacolata, è luogo di culto e di raccoglimento per quanti la frequentano durante l’anno e per i numerosi turisti che, nel periodo estivo, vi sostano per un momento di preghiera».

Per i sambenedettesi è stata, e lo è tuttora, anche un vero punto di riferimento; in dialetto il luogo viene identificato come Jò la chjsciètte de lègne de lù lungumare. «Vogliamo quindi ringraziare tutti coloro (Autorità, frati, famiglie e singole persone) – sottolineano i Padri parrocchiali di Sant’Antonio da Padova – che negli  anni trascorsi si sono adoperati per la realizzazione di questo grande dono».

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Marco Braccetti: