“Quanto vorrei che la gente che abita a Roma riconoscesse la Chiesa, ci riconoscesse per questo di più di misericordia, per questo di più di umanità e di tenerezza, di cui c’è tanto bisogno!”. Le parole del Papa in occasione della veglia di Pentecoste 2019 fanno eco alla recente notizia della canonizzazione di una romana doc: madre Giuseppina Vannini, fondatrice della congregazione delle Figlie di San Camillo.
Con madre Vannini, Papa Francesco domenica 13 ottobre porterà agli onori dell’altare altri quattro beati: il cardinale John Henry Newman, Maria Teresa Chiramel Mankidiyan, Dulce Lopes Pontes e Margarita Bays.
Nata il 7 luglio del 1859, nel cuore della Capitale, tra piazza di Spagna e Trinità dei Monti, Giuseppina Vannini rimane ben presto orfana. Affidata alle cure delle suore Vincenziane crescerà nel desiderio di consacrarsi alla vita religiosa. Il suo discernimento vocazionale trova non poche difficoltà, ma è all’età di 32 anni che l’incontro con Padre Luigi Tezza cambierà la sua vita. Quest’ultimo le propose di ripristinare le Terziare Camilliane, opera che la giovane donna porterà avanti con grande amore, riuscendo a diffondere l’Istituto in Italia, Francia, Belgio e Sud America.
In occasione della canonizzazione incontriamo suor Bernardette Rosoni, postulatrice delle Figlie di San Camillo. “Abbiamo vissuto questo annuncio come un momento di grande gioia – spiega -. Dopo San Camillo, madre Giuseppina Vannini è la prima santa del nostro ordine”. Un carisma ancora vivo che sembra trovare la sua sorgente di vita nel Sacro Cuore di Gesù, a cui la fondatrice era profondamente devota sin dalla sua giovinezza, manifestando opere di carità e misericordia nei confronti dei più sofferenti, i malati nel corpo e nello spirito, verso cui Papa Francesco richiama costantemente l’attenzione della sua Chiesa.
“Abbiate cura dei poveri infermi con lo stesso amore, come suole un’amorevole madre curare il suo unico figlio infermo.
È il mandato che ci ha lasciato madre Vannini e che ancora oggi viviamo nel mondo – continua suor Bernardette -, declinando questa esortazione verso le differenti situazioni che troviamo nei luoghi di missione”.
Una missione davvero globale: “Recentemente è stata aperta una casa in Paraguay dove le consorelle ci hanno segnalato una realtà molto arretrata e dove il nostro servizio inizia con una buona educazione sanitaria. In Africa ci occupiamo principalmente di accompagnare le giovani donne in tutto l’iter della gravidanza, dalla gestazione ai primi mesi dopo il parto. In India l’urgenza è rivolta verso i bambini disabili che a causa della loro condizione vengono abbandonati dai genitori. In ogni persona vediamo Cristo che ha bisogno di cure”.
È questo sguardo di cui parla spesso il Santo Padre che trova nelle parole di suor Bernardette una conferma attualissima:
“L’ambito sanitario e la medicina corrono rischio di lasciarsi prendere dall’evoluzione tecnologica perdendo umanità. Papa Francesco ci richiama all’essenziale.Sono importanti le tecniche avanzate e una diagnostica evoluta, ma più importante è la centralità della persona e l’attenzione ai più poveri, ai più bisognosi.È un richiamo forte, c’è questa alta tecnologia da una parte e una persona davanti a te, la necessità quindi è quella di umanizzare la cura, come ricorda il motto del nostro ospedale: ‘Scienza nuova, carità antica’”.
A distanza di più di un secolo dalla sua morte, Giuseppina Vannini lascia un’eredità preziosissima: il suo esempio è antidoto alla dittatura dell’effimero in cui siamo immersi.
Conclude suor Bernadette: “La sua fedeltà alla croce, la fedeltà nel servire anche a costo di sacrificio, è questa fedeltà che oggi ha per noi un richiamo fortissimo, insieme alle parole che spesso ripeteva alle sue suore: ‘La carità sia la vostra divisa’”.