Elaborare insieme una strategia per il futuro dell’Ucraina, in un momento cruciale della vita del Paese. Con questa motivazione Papa Francesco ha convocato a Roma il Sinodo Permanente e i Metropoliti della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina. L’incontro si terrà in Vaticano nei giorni 5 e 6 luglio, sarà rigorosamente a porte chiuse e saranno presenti anche alcuni capi di dicastero tra i quali il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, e il cardinale Peter Kodwo Turckson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale. Nel corso della due giorni, Papa Francesco ascolterà quanto i Metropoliti e i membri del Sinodo Permanente diranno su questioni della vita del Paese e della Chiesa in Ucraina e all’estero. Nell’annunciare con un comunicato la notizia ad inizio maggio, l’arcivescovo maggiore Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk presentava l’incontro come “una buona notizia per la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina e per l’intera Ucraina”. Si tratta “del più alto livello di attenzione mostrato da parte della Santa Sede, con un incontro senza precedenti che fa parte della pratica interna della Curia Vaticana nel caso in cui si cerca di capire come agire in determinati circostanze, eventi o situazioni”. Ma come si presenta oggi l’Ucraina? Quali sono le sfide che sta vivendo? E come si rapportano tra loro le Chiese che vi abitano? Ad un primo scatto fotografico, l’Ucraina si presenta come un paese in rapida trasformazione. Con una successione di cambiamenti che negli ultimi anni hanno interessato praticamente tutti gli ambiti della società, civile e religiosa. Ma l’immagine dell’Ucraina è anche occupazione e guerra, la prima in Crimea e nel Donbass.
La rivoluzione di “Euromaidan” e la Crimea. Negli ultimi 28 anni l’Ucraina ha vissuto tre sollevazioni: la Rivoluzione studentesca del 1990, la Rivoluzione arancione del 2004 e la Rivoluzione “EuroMaidan” iniziata nel 2013.
Più di 100 persone sono state uccise a Maidan.
Così si chiamava la piazza principale di Kiev dove per mesi la popolazione è scesa per una rivolta popolare pacifica contro il regime dell’allora presidente Yanukovich e il sogno europeo. Fu proprio in quei giorni, nel momento in cui il paese si stava asciugando le lacrime per le vittime uccise al Maidan, che cominciò l’annessione della Crimea alla Russia. Avvenne paradossalmente nel 2014, l’anno in cui i tatari di Crimea – la popolazione indigena della penisola – stavano commemorando il 70° anniversario della deportazione genocida da parte del regime di Stalin. Oggi nella regione vengono denunciate massicce violazioni di diritti umani, tra cui restrizioni sugli ucraini ortodossi, greco-cattolici e cattolici nel portare avanti la loro attività pastorale e persecuzione degli attivisti filo-ucraini. Secondo il Ministero della politica sociale, il numero di cittadini della Repubblica autonoma di Crimea e di Sebastopoli registrati in Ucraina come sfollati interni, al 31 maggio 2019, è di 39.053. Il 41,5% (16.238) vive nella regione di Kiev.
Ancora più tragica è la situazione nei territori occupati delle Regioni di Donetsk e Luhansk. Secondo l’ultimo rapporto della Missione delle Nazioni Unite per il monitoraggio dell’osservazione dei diritti umani in Ucraina nel 2019, il numero totale di morti militari e civili in Donbas ha raggiunto, a partire dal 2014, quasi 13mila, e circa 30mila persone hanno riportato ferite. 400mila sono i “veterani” di guerra e più di mille sono i ragazzi che hanno commesso suicidio per i traumi subiti nel conflitto.Una guerra “dimenticata” dall’Europa, “ibrida”, condita da false notizie e poca chiarezza sugli eventi, dalle conseguenze però drammatiche. Si stima infatti che siano 5,2 milioni le persone colpite dalle violenze di guerra e tra queste 3,5 milioni hanno bisogno di assistenza e protezione umanitaria.La maggior parte dei più bisognosi e vulnerabili (una popolazione di circa 2,7 milioni di persone) vive nella così chiamata “linea di contatto” o “zona grigia”, una striscia lunga 427 chilometri tra Donetsk e Luhansk. Una terra che nonostante il cessate-il-fuoco e gli accordi di Minsk è ancora teatro di ostilità. Sicurezza alimentare e idrica, contaminazione delle mine terrestri e residui bellici esplosivi; salute mentale e continuo grave stress; infrastrutture rovinate e danneggiate: sono questi i problemi più gravi vissute dalla popolazione. Si stima che siano almeno 50mila le costruzioni residenziali danneggiate a causa del conflitto lungo la linea di contatto. L’offensiva ha provocato un massiccio spostamento di persone. Un vero e proprio esodo e l’Ucraina da sola ha accolto in questi ultimi cinque anni circa due milioni di rifugiati dai territori occupati.
L’aiuto di Caritas e Papa Francesco. Caritas Ucraina (con l’aiuto di varie Caritas europee) riesce a fornire assistenza umanitaria alle persone colpite dal conflitto, quando sono iniziati gli sfollamenti di massa in Ucraina. Da allora, ha aiutato circa 560mila persone. Anche Papa Francesco ha voluto dare un segno concreto di solidarietà e vicinanza alla popolazione ucraina colpita dal conflitto.Avviato nel giugno 2016 il progetto “Papa per l’Ucraina” ha raccolto nell’arco di 2 anni 16 milioni di euro, frutto della colletta realizzata in tutte le diocesi d’Europa e della donazione personale del Papa.Il progetto ha raggiunto circa 900 mila beneficiari, lungo tutta l’area delle operazioni militari e nei territori limitrofi, così come nelle aree con maggiore presenza di migranti (Kharkiv, Dnipropetrovsk, Zaporizhia, la regione e la città di Kiev).
Le Chiese. L’Ucraina è stata anche teatro negli ultimi anni di uno scontro molto duro tra le Chiese ortodosse. Segno di una terra dove la storia è in continuo divenire. Era il 5 gennaio di quest’anno quando nella chiesa patriarcale di san Giorgio a Istanbul, il Patriarca ecumenico Bartolomeo firma il Tomos che concede l’autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina. E’ l’atto finale di un lungo e sofferto processo di “autonomia” che ha portato alla costituzione di una nuova Chiesa con un nuovo metropolita e al conseguente distacco dal Patriarcato di Mosca. Durissima la reazione della Chiesa russa che decide di rompere la “comunione eucaristica” con il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. E’ forse la notizia più destabilizzante che ha attraversato la vita delle Chiese in Ucraina. La Chiesa cattolica – sia a Roma sia in Ucraina – ha seguito tutto il processo con dolore ma anche con totale rispetto delle parti e non interferenza. In una intervista rilasciata a Tv2000, Sua Beatitudine Shevchuk disse:“Quando noi vediamo due chiese locali che si scontrano, questo è motivo di dolore… Ovviamente noi vogliamo bene ai nostri fratelli ortodossi, sia a quelli di Mosca che di Costantinopoli e cercheremo sempre di essere buoni fratelli con tutti”.L’attuale configurazione delle Chiese in Ucraina vede in vetta la Chiesa ortodossa Ucraina legata al Patriarcato di Mosca con 12.437 parrocchie e 101 vescovi. Subito dopo la Chiesa ortodossa di Ucraina con 6.463 parrocchie e 62 vescovi e la Chiesa greco-cattolica di Ucraina con 3.912 parrocchie.