“Una nuova catastrofe umanitaria rischia di consumarsi nel campo di Al Hol, nella Siria nord orientale. In meno di 4 mesi, tra dicembre 2018 e marzo 2019, sono arrivate 64.000 persone. Il campo ne ospitava fino a quel momento appena 9.000. La rapida ed improvvisa espansione del campo è una diretta conseguenza degli ultimi combattimenti contro Daesh in Siria, ed in particolare nell’area di Baghouz, che hanno generato l’esodo di massa di migliaia di persone, e un’escalation di emergenze umanitarie e sanitarie”. A denunciare la situazione è l’Ong “Un Ponte per…” (Upp). Negli ultimi mesi nel campo “sono arrivate 60.000 donne e bambini, di cui 30.000 hanno meno di 12 anni e quasi 600 sono affetti da malnutrizione grave. A causa dell’emergenza si registrano 2 decessi al giorno per malattie che, in altre condizioni, sarebbero curabili”.
Per rispondere a questa nuova crisi umanitaria, Upp, attiva nel Paese dal 2015, sta lavorando in stretta collaborazione con la Mezzaluna Rossa Curda (Heyva Sor a Kurd) nei 4 Centri sanitari che le due realtà hanno aperto nel campo, attivi 7 giorni su 7, 24 ore su 24, con un sistema di ambulanze e un servizio di primo soccorso. Dal 2017 Upp è infatti operativa all’interno del campo di Al Hol, unica Ong italiana presente e tra le poche internazionali.
“La situazione è drammatica. Sono le stesse condizioni del campo – come la scarsità di acqua potabile o di servizi igienici adeguati – a causare le patologie più diffuse che ci capita di trattare. Purtroppo dobbiamo testimoniare che l’intera mobilitazione internazionale a sostegno dell’intervento umanitario in Siria non è sufficiente per rispondere ai reali bisogni”, spiega Domenico Chirico, direttore dei Programmi di Upp, appena rientrato da una missione nel Paese.
“Nel giro di 4 mesi il campo è passato da 9.000 a 80.000 presenze, mettendo a dura prova le capacità di gestione della struttura. Il numero di persone è troppo elevato, e ad affrontare la situazione ci sono solo le Ong”, sottolinea Chirico.
Per questo, Upp ha lanciato una campagna di denuncia e raccolta fondi a supporto del suo intervento. Tra le iniziative messe in campo, anche la creazione e la formazione specializzata fornita a team di operatori sanitari di comunità, persone che vivono nel campo e che rappresentano il primo contatto con i servizi sanitari disponibili. Tra i loro obiettivi quello di promuovere campagne di prevenzione “porta a porta” (come quelle lanciate contro tifo e colera) per evitare epidemie e fornire prime diagnosi e trattamenti salvavita in casi di malattie curabili, ma che possono diventare mortali per bambini al di sotto dei 5 anni.
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