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Anche in Riviera distributori automatici di “Cannabis light”, il dottor Cacaci: «Pazzesco e gravissimo»

Prodotti in vendita in un distributore automatico della Riviera

DIOCESI – “Pazzesco e gravissimo”. E’ davvero tranchant il commento del dottor  Claudio Cacaci (Direttore del dipartimento dipendenze patologiche dell’Asur Area Vasta 5) davanti al fatto che, anche lungo la Riviera delle Palme, stanno spuntando come funghi dei distributori automatici di “cannabis light“.

Qualcuno è stato installato anche vicino ad una parrocchia, punto di ritrovo per giovani e giovanissimi. Certo, per poter fare acquisti in questo tipo di distributori, occorre far scorrere sulla macchina un documento elettronico (ad esempio: tessera sanitaria)  che attesti la maggiore età dell’acquirente. Ma, secondo il dottor Cacaci, il messaggio di fondo non cambia ed è “Incredibile”.

Come mai l’esperto usa termici così negativi? Presto detto: “La cosiddetta cannabis light è dannosa come le altre, senza se e senza ma –sostiene Cacaci -. Certo, ha una molecola di principio attivo ridotta rispetto alla “canna” tradizionale, ma questa molecola alla lunga si accumula nell’organismo e dunque arriva a provocare sempre i medesimi effetti negativi, anche se in tempo più lungo. Inoltre, certi negozi favoriscono il primo contatto con le sostanze. E’ stata una scelta scellerata quella di permettere la loro apertura”.

Questo particolare segmento commerciale è in divenire, perché una recente sentenza della Cassazione ha, di fatto, detto che vendere i prodotti derivati da cannabis light è vietato. E prima di tale sentenza, c’è stata una direttiva emanata dal Ministero dell’Interno che ha come oggetto: “Commercializzazione  di  canapa e  normativa sugli stupefacenti. Indirizzi operativi”.

Una direttiva che recita testualmente: “Le preminenti ragioni della tutela della salute e dell’ordine  pubblico  messe in pericolo dalla circolazione di siffatte sostanze dovranno,  altresì,  essere segnalate  agli  enti locali affinché le tengano in debita considerazione in relazione alle possibili nuove aperture di simili esercizi commerciali, prevedendo una distanza minima di almeno cinquecento metri dai luoghi considerati a  maggior rischio. Un provvedimento comunale  sul modello di quello che ha già interessato le sale da  gioco, assunto nella consapevolezza  che il consumo delle cosiddette “droghe leggere” rappresenta spesso un viatico per l’assunzione di quelle pesanti”.

La direttiva (emanata a inizio maggio) disponeva  “una puntuale ricognizione di tutti gli  esercizi  e  le  rivendite presenti  sul  territorio,  in  condivisione  con  le Amministrazioni comunali  ed  attraverso  il  concorso dei rispettivi Comandi di Polizia locale e degli Sportelli deputati al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative”. Il termine di tali operazioni è scaduto proprio di recente (il 30 giugno scorso) e dunque ora s’attendono i risultati di questa analisi che, nel caso del territorio locale, viene coordinata dalla Prefettura di Ascoli Piceno.

Va ricordato che, come per i limiti imposti sulle sale-slot, anche per quanto riguarda il commercio della cannabis light, conta molto la regolamentazione municipale che, appunto, può variare da Comune a Comune.

Domanda: i principali Comuni della nostra Diocesi stanno recependo le direttive sulle distanze minime suggerite dal Viminale?
Lo verificheremo in un nostro prossimo servizio.

Marco Braccetti: