SAN BENEDETTO DEL TRONTO – “Ci prepariamo a recepire le indicazioni del Viminale e lo faremo in maniera molto rigida, proseguendo sulla strada della fermezza che quest’amministrazione ha già intrapreso sul fronte del contrasto alle ludopatie, con i paletti imposti alle sale-slot”. Così interviene l’assessore alle Attività produttive del Comune di San Benedetto, Filippo Olivieri, commentando il nostro servizio sulla vendita di cannabis light nel territorio locale.
Olivieri, in particolare, fa riferimento ad una recente circolare del Ministero dell’Interno che invita le istituzioni locali a predisporre dei limiti (distanza minima di almeno cinquecento metri dai luoghi considerati a maggior rischio) per le aperture di nuove attività legate a questo business.
Ad ogni buon conto, l’esponente dell’amministrazione Piunti rincara la dose con delle considerazioni a carattere personale: “Fosse dipeso da me, il problema non si sarebbe posto minimamente, perché a mio modo di vedere, certi negozi non dovevano aprire. Non vedo distinzioni tra droghe leggere e pesanti. La droga è droga. E basta. Invece siamo in Italia e, mi spiace dirlo, questo è un altro paradosso del nostro Paese. Vedi il caso delle ludopatie: da un lato lo Stato promuove campagne di sensibilizzazione su questa vera e propria piaga sociale ma, dall’altro, il medesimo Stato incassa lauti proventi grazie al gioco”.
Certo è che, per passare dalle parole ai fatti, i propositi di Olivieri debbono trasformarsi in atti concreti, per redigere i quali la Pubblica amministrazione a volte va per le lunghe. Noi continueremo a monitorare la questione, sulla quale, comunque, la Corte di Cassazione ha recentemente confermato un netto niet. Giusto oggi, infatti, sono uscite le motivazioni della sentenza che, qualche mese fa, imprimeva un pesante giro di vite sul commercio legale della cannabis light.
Proprio questa sentenza viene citata su Facebook dalla dottoressa Sabrina Vici (professionista da anni impegnata nel mondo del contrasto alle dipendenze) che, commentando il nostro articolo, lancia dei precisi interrogativi e aggiunge un ulteriore particolare: “In aprile, chiaramente il Consiglio Superiore di Sanità si è espresso sulla pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa in cui è indicata in etichetta la presenza di “cannabis” o “cannabis light” o “cannabis leggera”. Mi chiedo: ma tutto questo non conta? Che tipo di arroganza spinge a ignorare le sentenze, le evidenze scientifiche e il parere degli esperti? Chi deve tutelare la salute nella nostra città non può non sapere!”.