DIOCESI – Un vero e proprio fiume in piena, sulle cui acque – a volte torbide – in questo periodo navigano centinaia di migliaia di persone in tutta Italia e, sicuramente, migliaia nel nostro territorio. Parliamo del lavoro stagionale: hotel, stabilimenti balneari, ristoranti e quant’altro ruota intorno all’accoglienza turistica. Certo: nella maggioranza dei casi, i rapporti di lavoro rientrano nei canoni previsti dalla legge. Ma c’è comunque una fetta considerevole che viaggia al di là dei canoni del consentito.
Lavoro nero, straordinari non pagati, contratti farlocchi. Insomma: un vasto campionario che abbiamo cercato di verificare, parlando direttamente con qualche lavoratore stagionale. Ma abbiamo sbattuto contro un muro di gomma. Una porzione difficile da sondare, perché ammantata da un velo (anzi, da una spessa coltre) di reticenza, quasi di omertà. Davvero difficile, o meglio, impossibile, parlare direttamente con qualcuna delle persone coinvolte. Ce lo conferma Alfonso Cifani della Cisl: sindacalista esperto in materia: «In molti hanno paura ad esporsi anche in forma anonima, temono di essere individuati e di perdere il posto. La situazione è altamente critica a ma non vorrei generalizzare. Ogni circostanza ha una storia a sé. Sindacati ed associazioni di categoria del mondo del lavoro si stanno coordinando per migliorare certe cose, i risultati ci sono. Ma, esistono comunque dei singoli datori di lavoro che, praticamente, fanno come vogliono».
Abbiamo chiesto a Cifani qualche esempio pratico, ecco cosa ci ha detto: «Ho seguito il caso di un cuoco che, in teoria, doveva lavorare per quattro ore al giorno, mentre invece lavorava per 11 ore. Ma la busta paga era calibrata sulle 4 ore. Un’altra situazione paradossale è stata quella di un lavoratore di uno chalet che, lavorando tutti i giorni, si è ritrovato una busta paga da 10 euro, con il resto della cifra pattuita pagato in nero. Un altro caso che si ripete spesso: giovani assunti non con contratti a tempo determinato, ma come apprendisti, poi costretti alle dimissioni a fine stagioni. Tutto questo perché l’apprendistato è meno costoso per il datore di lavoro. Va però detto che, per un lavoratore che si lamenta, ce ne sono due a cui va bene lavorare con tutele inferiori agli standard di legge. Pur di lavorare. Si attiva così un circolo vizioso che, alla fine, è controproducente per tutti».
Certo è che il coltello dalla parte del manico ce l’ha il datore di lavoro: «La crisi economica che ha colpito sia il Piceno che il Fermano ha desertificato molti comparti industriali. D’estate, migliaia di persone si riversano sulle attività stagionali alla ricerca di lavoro. Dunque i titolari possono permettersi di tirare molto sui prezzi, nella consapevolezza che se c’è uno che rinuncia, in due sono pronti a subentrare»
Viene però da chiedersi: con un quadro del genere, il sindacato che ruolo ha? Non potrebbe fare di più per addrizzare certe storture?
«Noi non possiamo certo fare controlli nei luoghi di lavoro, questo è il compito, ad esempio, dell’Ispettorato del Lavoro, ma so che anche questo Ente spesso e volentieri non ha gli strumenti per seguire un problema così ramificato. Per quanto ci riguarda, quando i lavoratori arrivano al sindacato è già troppo tardi, ossia si sono già licenziati e non hanno più rapporti diretti con il datore di lavoro. Se fossimo avvertiti per tempo, solleciteremo noi controlli specifici. Dopo che si sono dimessi è già troppo tardi».
Insomma, il “fattaccio” andrebbe verificato in fragrante, perché se parte una procedura “a posteriori”, si finisce in un gorgo burocratico lungo e complesso. «In certi casi possono passare addirittura anni prima che un lavoratore riesca a riscuotere quel che gli spetta – dice Cifani – e parliamo in media di cifre non esagerate. Sono vertenze non eclatanti e, dunque, in parecchi rinunciano perfino ad attivarle. Ci vorrebbero delle procedure più snelle, le chiediamo da tempo a livello nazionale, però non riusciamo ad ottenerle».
Qual è il consiglio che la Cisl può dare ad un lavoratore stagionale che si sente sfruttato? «Segnalare immediatamente eventuali problemi di legittimità – risponde Cifani – all’Ispettorato del Lavoro, che comunque dovrebbe effettuare più controlli. O al sindacato, che potrebbe dargli indicazioni». Ma un lavoratore irregolare può denunciare la sua condizione anche presso la Guardia di Finanza.
Come detto all’inizio, noi de L’Ancora abbiamo provato a parlare direttamente con qualche lavoratore stagionale, ma nessuno si è dimostrato disponibile.
Approfittiamo per invitare i lettori che hanno situazioni del genere da segnalare a scriverci alla nostra mail: settimanaleancora@gmail.com.
Garantiremo discrezione e massimo anonimato.
Elena
Salve, sono Elena di San Benedetto Del Tronto. Dobbiamo essere uniti per il giusto pagamento delle ore lavorativi e degli straordinari. Io e miei colleghi di lavoro abbiamo fatto ricorso al datore di lavoro nel 2014 attraverso il sindacato. La sentenza è arrivata nel 2017. Ci doveva TFR, più 2 mesi lavorative, avvocato e ho mandato la pratica dall'inps alla provincia di Ascoli Piceno... Siamo nel 2019 e non ho visto un centesimo finora. Probabilmente c'è poca fiducia da parte dei lavoratori verso il Sindacato... Inps.. o altri. I lavoratori si accontentano del poco e vanno avanti. Grazie.