Anche oggi saranno in migliaia a lavorare in una delle numerose cave di laterizi del Punjab, in India, mentre il termometro sfiorerà i 50 gradi. Anche oggi uomini, donne e bambini si caricheranno sul capo o sulla schiena fino a 18 mattoni rossi dal peso di due chili ciascuno. Anche oggi nel lago di Volta in Ghana, centinaia di bambini, elimineranno rifiuti e residui dalle reti. Le loro piccole dita sono perfette per questo lavoro che li vede in acqua fin dalle 4 del mattino. Quando per una tempesta un ramo di un albero finisce nelle reti, verrano gettati nel lago per salvare le reti, ma a molti di loro non è stato insegnato a nuotare e ogni bambino che oggi si ritrova su quel lago, ne ha visto almeno uno morire annegato.
Nella Giornata mondiale contro il traffico di esseri umani, sono queste vite a chiedere salvezza, ad implorare che gli Stati agiscano per impedire che 140 milioni di persone vivano ancora sotto il giogo delle moderne schiavitù. Ed è questo grido di libertà che ieri sera è risuonato nelle stanze dell’Onu di New York, attraverso le foto di Lisa Kristine, una fotografa americana impegnata da anni a documentare le moderne schiavitù e le testimonianze di alcune delle 200mila religiose che, in tutto il mondo, attraverso la rete di Talita Kum lavorano instancabilmente contro la tratta. La Missione della Santa Sede ha voluto inaugurare questa giornata con una mostra di foto, già visitata da Papa Francesco lo scorso maggio quando era esposta in Vaticano e visitabile fino al due agosto nell’atrio delle Nazioni Unite. Accanto ai volti poi ci sono le voci di chi è stato liberato, come Ansa Noreen, sposa bambina che dal Pakistan è finita negli Usa a seguito di un marito americano che ne aveva sposate altre quattro come lei e cioè povere, sfruttate dalle aziende della moda che qui hanno trasferito le loro fabbriche a basso costo, ingannate da promesse irrealizzabili, perché gli Stati Uniti non riconoscono i matrimoni celebrati all’estero e quindi Ansa non poteva accampare alcun diritto. E infine ci sono le parole composte, forti e radicali di suor Gabriella Bottani, coordinatrice di Talita Kum e di suor Melissa Camardo del Lifeway network, che in nome del Vangelo, ogni giorno guardano negli occhi le vittime e accolgono e accompagnano il processo di liberazione di bambini sottratti alle famiglie in miseria, di donne ingannate e vendute come merce alla prostituzione, di uomini costretti a lavori forzati anche se non ufficialmente schiavi.
“Oggi celebriamo i dieci anni dalla nascita di Talita Kum – esordisce suor Gabriella – e celebriamo nei 77 Paesi in cui siamo presenti con ben 48 network nazionali, a cui pochi giorni fa se ne è aggiunto un altro in Medioriente: il primo interreligioso dove collaboreranno donne di ben sei differenti tradizioni”. Nel 2018 la rete delle religiose,che da poco include anche i religiosi, ha salvato dalla tratta 15.500 persone e più di 235mila sono state coinvolte nei progetti di prevenzione. Eppure più che dimininuire i numeri dei nuovi schiavi sembrano crescere, secondo suor Gabriella che chiede ai rappresentanti degli stati di lavorare congiuntamente su tre piste: l’implementazione di leggi nazionali di tutela della persona e lo stanziamento di fondi adeguati alla riabilitazione dei sopravvissuti; lo sradicamento delle cause del traffico umano e cioè povertà, guerre, disastri ambientali, ineguaglianze; la cooperazione e la collaborazione tra i network religiosi e quelli della società civile e dei governi. “Non stiamo facendo abbastanza, dobbiamo agire e avere un’agenda per sradicare alla radice il problema”, ha detto a più riprese mons. Marcelo Sanchez-Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle scienze sociali, che a nome di Papa Francesco ha sottolineato con forza che la tratta “è un crimine contro l’umanità, una ferita frutto della globalizzazione dell’indifferenza” e serve agire. “Gli Stati devono agire perchè sono responsabili del bene comune e del loro popolo” ha continuato il cancelliere spiegando che il Papa vuole lo stesso anche per le religioni, come ha dimostrato a pochi mesi dalla sua elezione invitando i leader religiosi a “lavorare insieme nella difesa della dignità umana e della nostra casa comune”.
Papa Francesco ha autografato alcune delle foto della mostra perché la loro vendita finanzi i progetti di Talita Kum. Tra i ritratti di Lisa Kristine spicca quello di Kofi, un bambino del Ghana che era stato ridotto in schiavitù ad appena sei anni. Anche lui era un esperto di reti, ma Kofi è stato fortunato: portato in uno dei rifugi per la riabilitazione dei bambini schiavi, ha imparato a giocare e oggi è tornato con i suoi genitori. Accanto a lui c’è la foto di un gruppo di donne indiane che si sono ribellate alla schiavitù delle cave di pietra, nonostante i loro padroni abbiano bruciato il loro villaggio. Grazie ad un avvocato e alla loro persevernza queste donne lavorano sempre con i mattoni, ma con turni umani e una paga che permette ai figli di frequentare la scuola. Tanti dei volti ritratti da Lisa hanno una candela in mano accesa, a simboleggiare che la speranza non è morta e che anche nel buio si può accendere la luce del cambiamento.
(*) Foto della mostra “Nuns Healing Hearts” in collaborazione con la Missione della Santa Sede all’Onu, la Pontificia Accademia per le Scienze e la Fondazione Galileo visitabile fino al 2 agosto nella Neck Area del Palazzo di Vetro
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