Essere “vigili” per non soccombere al clima di odio e discriminazione che ancora oggi soffia forte nei paesi europei e lavorare per la difesa dei diritti umani, soprattutto delle popolazioni più vulnerabili e stigmatizzate. E’ questo l’appello forte che viene lanciato oggi dalla Chiese, nella giornata in cui si fa memoria dello sterminio – era il 2 agosto 1944, 75 anni fa – dei Rom presenti nel campo di Auschwitz-Birkenau: in un solo giorno oltre 4.000 persone, in maggioranza donne e bambini, furono sterminate nelle camere a gas. Per questo, da alcuni anni, è stato istituito il “Roma Genocide Remembrance Day”, la giornata in ricordo del genocidio dei Rom e Sinti durante la seconda Guerra mondiale, definito in lingua romanì Porrajmos (divoramento) o Samudaripen (sterminio) che provocò mezzo milione di vittime di questa popolazione.
Tra il 1939 e il 1945 vennero uccisi oltre 500.000 zingari, vittime del nazismo.
La storia della deportazione e dello sterminio degli zingari è una storia dimenticata: ancora oggi la documentazione è frammentaria e lacunosa. Si trattò di una vera e propria “epurazione” come quella ebraica, dettata da motivazioni esclusivamente razziali.
“La Giornata di oggi serva da monito per non cadere nella discriminazione in atto ancora oggi verso questo grande gruppo minoritario in Europa”, scrivono in un comunicato le Chiese cristiane d’Europa (Cec). La stigmatizzazione contro i rom non è “un ricordo del passato”. Un popolo preso di mira da sgomberi forzati e dichiarazioni offensive dei politici, che continua a vivere in una situazione di degrado inaccettabile. La Cec si dice preoccupata. “Ogni settimana – osserva Torsten Moritz – veniamo a conoscenza di nuovi atti di violenza da parte di gruppi che diffondono l’odio razziale, nonché dell’esclusione sistematica dei rom da parte delle autorità pubbliche.
Ciò è spesso accompagnato da una retorica di odio e divisione da parte dei politici, che si definiscono cristiani. Come chiese cristiane dobbiamo essere chiari: ogni essere umano è uguale e creato a immagine di Dio”.
“Ricordare il Porrajmos – aggiunge – deve diventare un impegno costante per le Chiese in Europa perché l’esclusione e la violenza contro i rom in Europa purtroppo non sono un ricordo del passato”. Gli fa eco il presidente della Cec, Rev. Christian Krieger: “Ricordare non è solo un compito di fedeltà al passato, è soprattutto un dovere verso il presente e il futuro. La discriminazione contro i Rom continua e le chiese devono essere vigili, pregare e agire per difendere i diritti umani di tutte le persone, specialmente le persone più vulnerabili e stigmatizzate”.
Impegnata da anni accanto a Rom e Sinti, anche la Comunità di Sant’Egidio si stringe accanto a questa minoranza, la più numerosa in Europa, e invita a ricordare la sua storia segnata da disprezzo e persecuzioni. Lo scorso 20 luglio, durante un pellegrinaggio della memoria ad Auschwitz-Birkenau, mille studenti liceali e universitari del movimento “Giovani per la pace”, provenienti da tutta Europa, hanno onorato le vittime del nazifascismo, deponendo una corona di fiori anche sulla lapide in lingua romanì, che ricorda lo sterminio di Rom e Sinti. “La memoria del genocidio provocato da ideologie razziste – sostiene Sant’Egidio – sia un monito per contrastare la diffusione nella società di parole e comportamenti discriminatori e violenti e favorire la piena integrazione del popolo Rom, composto ancora oggi soprattutto di minori, cui va garantita integrazione scolastica, sanitaria e abitativa”.
Sono invece parole di profondo dolore quelle che suor Geneviève Jeanningros esprime oggi al Sir. “Sì, la discriminazione continua”, dice. “Le parole di odio mi fanno male, che siano rivolte contro i rom e i Sinti o contro i migranti.“Quando sento queste cose, mi dico: Europa che stai facendo? Perché lasci che questo odio divampi sempre di più? Europa, vuoi forse ritornare agli anni bui della nostra storia, gli anni che generarono le leggi raziali e l’infinita tragedia dell’Olocausto?”.Suor Genevieve è una Piccola Sorella di Gesù, la fraternità che si ispira a Charles de Foucauld. La religiosa festeggia quest’anno 50 anni di professione e nel 2019 il mezzo secolo di “appartenenza” all’universo del Luna park. Vive infatti all’interno del Parcolido di Ostia, il litorale di Roma che tra casette e carovane ospita una ventina di famiglie di giostrai. “Nelle giostre – dice la suora – c’è chi è di origine sinti o rom ma non vuole che sia detto perché hanno sofferto questa discriminazione e non vogliono essere considerati per quelli che sono. Le parole di odio nei loro confronti mi fanno male. Tanto. Non saprei dire quanto. Sono rifiutati dappertutto. Ma ad ogni veleno, c’è sempre un antidoto e per combattere l’odio che sta penetrando nei nostri cuori, l’antidoto è l’amicizia. E’ l’amicizia che ci fa superare i pregiudizi e ci fa vedere il positivo. Quando si conoscono davvero le persone, capiamo che l’altro non è diverso da me. Forse la sua cultura è diversa ma siamo tutti esseri umani e ciò che ci unisce è questa comune appartenenza all’umanità. Qui in Italia la Chiesa fa tanto ma vorrei dire una cosa: se sei cristiano, l’odio non può abitare nel tuo cuore. E’ contrario al Vangelo di Gesù”.
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