Non basta dire “cervello”. Se vuoi davvero riferirti alla dettagliata struttura cerebrale degli animali più evoluti – e fra questi al primo posto gli esseri umani – dovrai aggiungere “cervello maschile” oppure “cervello femminile”. Ciò dipende non certo da banali, obsoleti ed inaccettabili ammiccamenti sessisti, bensì dalla pura presa d’atto della differente strutturazione biologica che connota quest’organo in ciascuno dei due sessi.
Ed eccone un’ulteriore riprova: il cervello femminile, rispetto a quello maschile, possiede un numero di gran lunga maggiore di cellule sensibili all’ossitocina, l’ormone che controlla l’attaccamento e la cura della prole. Lo hanno scoperto alcuni ricercatori della Louisiana State University (Baton Rouge, Usa), mediante un recente studio (pubblicato sulla rivista “Plos one”) effettuato sui topi. Un importante passo in avanti, dunque, nella comprensione più approfondita dei meccanismi che regolano le cure materne nei mammiferi e i disturbi ad essi collegati.
Era cosa già nota che l’ossitocina fosse coinvolta tanto nel controllo dei comportamenti di interazione sociale, attaccamento e cura della prole, quanto – se presente con livelli alterati – in alcuni disturbi mentali come l’ansia, i disturbi dello spettro autistico e la depressione “post-partum” (fenomeno che colpisce in media quasi un quinto delle neomamme, mettendo a rischio anche la capacità di accudimento del neonato).
“Molti ricercatori – spiega Ryoichi Teruyama, professore di biologia della Louisiana State University, coordinatore dello studio – hanno cercato di studiare le differenze di genere nei sistemi dell’ossitocina, ma finora nessuno aveva trovato risultati convincenti: la nostra scoperta è stata una grande sorpresa”.
Dal punto di vista biologico, va ricordato che l’azione dell’ossitocina è mediata da specifici recettori collocati sulla superficie delle cellule. Con questa consapevolezza, Teruyama e il suo team hanno esaminato una particolare regione – chiamata “area preottica” – del cervello dei topi, all’interno della quale si trovano nuclei di cellule con una diversa sensibilità agli ormoni, a seconda che si tratti di individui maschi oppure femmine. Ebbene, proprio in questa area cerebrale, i ricercatori hanno potuto evidenziare per la prima volta alcuni gruppi di cellule dotate di recettori per l’ossitocina, decisamente più numerose nei topi femmine rispetto ai maschi.
A quest’evidenza si aggiunge il fatto che l’espressione di questi recettori è controllata dalla produzione degli ormoni estrogeni; ciò suggerisce l’ipotesi che tale regione del cervello sovraintenda ai comportamenti di accudimento della prole proprio mediante l’azione dell’ossitocina. Per confermare l’ipotesi iniziale, il team di studiosi ha quindi effettuato un secondo esperimento; con esso, si è potuto verificare come, nei topi femmine che avevano subito la rimozione chirurgica delle ovaie, l’espressione dei recettori per l’ossitocina era assente, ma questa poteva essere comunque ripristinata mediante una somministrazione ormonale sostitutiva.
“Ritengo – conclude Teruyama – che la nostra scoperta possa riguardare tutti i mammiferi che mostrano un comportamento di cure materne, compresi gli esseri umani”. Alla luce di ciò, appare chiaro come i risultati di questa ricerca potranno risultare utili per lo sviluppo di nuovi trattamenti per la depressione “post-partum”, che abbiano come bersaglio proprio i recettori per l’ossitocina.