“Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”: è il tema, tratto da una poesia di Karol Wojtyla, della 40ª edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli che si svolgerà a Rimini dal 18 al 24 agosto. Quaranta anni di dialogo, di costruzione comune, di creatività condivisi da centinaia di migliaia di persone che,
dichiara la presidente del Meeting Emilia Guarnieri, “hanno trovato nel Meeting un luogo di incontro fra uomini e popoli diversi”. Una storia che nasce alla fine degli anni ’70, tra alcuni amici di Rimini che condividono l’esperienza cristiana. In loro il desiderio di incontrare, conoscere e portare a Rimini tutto quello che di bello e buono c’è nella cultura del tempo.
“Il Meeting – ricorda Guarnieri – nasce su un’intuizione: l’esperienza cristiana è capace di incontrare e valorizzare tutto e tutti. I cambiamenti cui abbiamo assistito in questi 40 anni ci hanno fatto vedere che il contributo che possiamo dare in questa realtà è proprio quello di costruire un luogo per l’amicizia tra i popoli”.
“In questi 40 anni il Meeting è diventato un luogo di incontro, di dialogo e di costruzione comune tra persone di fede e culture diverse. Un luogo di amicizia dove si può costruire la pace, la convivenza, reso vivo da una trama di incontri che nascono da persone che mettono in comune una tensione al vero, al bene, al bello.
Impossibile costruire benessere, convivenza e democrazia senza ricostruire relazioni ad ogni livello tra le persone.
Il Meeting vuole contribuire a questo mostrando anche esempi positivi in atto”.
C’è stata una “stella polare” che ha aiutato il Meeting ad attraversare questi 40 anni senza mai allontanarsi dall’intuizione iniziale?
La stella polare è sempre stata la realtà e continua ad esserlo anche oggi. Il Meeting in questi 40 anni ha cercato di rispondere alla realtà. La parola realtà vuole dire la realtà della Chiesa, dell’esperienza cristiana cui apparteniamo, della storia nazionale e internazionale, delle circostanze sociali ed economiche che cambiano. Seguire e rispondere alla realtà è stata la nostra stella polare.
Quaranta anni di Meeting sono anche un pezzo di storia italiana. Quali eventi o fatti di questi anni spiegano meglio di altri questo legame?
Sono tantissimi ma ne citerei solo alcuni. Il primo è difficile da dimenticare: la strage di Bologna del 2 agosto 1980, che arrivò pochi giorni prima l’inizio del primo Meeting, quell’anno dedicato alla pace e ai diritti umani. L’attentato è stato un grido di violenza che ha lanciato a tutti le domande ‘da dove si può ricominciare’, ‘come si fa a ricostruire positivamente’. Ci siamo trovati con queste domande riproposte in maniera ancora più acuta e con un senso di responsabilità di un gesto, come quello del Meeting, molto forte. Il secondo è stato il crollo del ponte Morandi del 14 agosto dello scorso anno. Sempre a ridosso del Meeting nel quale, per la prima volta, si è riflettuto sulla tragedia con diversi suoi protagonisti allora presenti. Un altro momento importante per il Meeting è stato nel 2011, l’intervento dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Eravamo in un momento molto drammatico per la vita sociale ed economica del nostro Paese. Abbiamo avvertito che ciò che il presidente veniva a dire non era rivolto solo al Meeting ma anche al Paese. La provocazione che ci lasciò nel suo discorso, ‘in questo tempo di incertezza portate la certezza della vostra esperienza’ lo abbiamo sentito come l’affido di una responsabilità. Come poi dimenticare l’incontro nel 1982 con Giovanni Paolo II. Era la terza edizione del Meeting. Fu un momento in cui ci siamo sentiti collocati con una responsabilità nella storia: il mandato del Pontefice di ‘generare una civiltà che nasce dalla verità e dall’amore’ lo abbiamo sentito come un compito.
“Nacque il tuo nome da ciò che fissavi”. Il tema di questa 40ª edizione sembra volere indicare un’urgenza tutta racchiusa in una parola, “nome”. “Nome” che rivela la “persona”. Un valore messo oggi duramente alla prova dall’attualità, da tante teorie e ideologie di ritorno. Non è un caso che il Censis descriva il nostro Paese come “impaurito, incattivito, impoverito”.
Si tratta dell’urgenza di persone che hanno un nome, un’identità certa e consapevole della propria irriducibile natura di uomini. Indomabili nel difendere questa natura prima delle proprie idee. L’urgenza di persone in grado di stare dentro questo mondo impaurito, incattivito e impoverito. Di starci da uomini sapendo da dove ripartire.
C’è un unico punto di ripartenza: il desiderio dell’uomo di felicità,
di bene e di realizzarsi. Questo desiderio si potenzia nel momento in cui si incontra uno sguardo da fissare come ricorda il tema del Meeting di quest’anno.
Il logo dell’edizione 2019 propone “uno sguardo carico di intensità e di domanda… È l’occhio dell’uomo contemporaneo – bombardato di immagini, di stimoli e di input – ma ancora desideroso di qualcosa e qualcuno di autentico”: possiamo dare “un nome” a questo ‘Qualcosa’ e ‘Qualcuno’?
L’uomo desidera qualcosa di infinito perché tende all’infinito ma desidera anche che questo infinito sia incontrabile. Dio si è fatto carne perché ogni uomo possa incontrare, toccare e guardare l’infinito che il cuore desidera.
Lo sguardo e l’abbraccio di Gesù sono compagnia concreta alla vita.
In che modo il programma del Meeting aiuterà a declinare questo tema?
Il Meeting farà incontrare storie ed esperienze dove si vedono persone vive, in azione, desiderose di incontro, di bene, di verità, di positività. Penso al dialogo con il mondo musulmano che il Meeting svilupperà forse in maniera ancora più approfondito che in passato. In questo ambito segnalo la mostra “Francesco e il Sultano 1219-2019. L’incontro sull’altra riva” archetipo di quello che può essere oggi l’incontro tra cristiani e musulmani. In programma ci sono testimonianze dal Venezuela, dove al racconto della tragedia si affiancano anche storie di costruttività. Il Meeting farà conoscere personaggi come Barabba, quello storico narrato nelle Scritture, cui è dedicato lo spettacolo inaugurale. Significativa la figura di Barabba, toccato anch’egli da uno sguardo. E poi ancora il dibattito e lo scambio intorno a tutte le tematiche che ci sollecitano, l’Europa, le migrazioni, la crisi economica, i diritti e i doveri, la democrazia, il lavoro, la costruzione sociale, persona e amicizia sociale, che è il grande tema che abbiamo affidato alla presidente del Senato, Casellati, il primo giorno di Meeting.
Qual è il suo auspicio per i prossimi quarant’anni del Meeting?
Continuare ad avere il coraggio di guardare la realtà e di fidarci di quello che il mistero di Dio ci chiede.
Relatori e interventi al Meeting 2019
La 40ª edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli si aprirà domenica 18 agosto. All’incontro inaugurale parteciperà il presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Il giorno seguente l’approfondimento sul tema del Meeting “Nacque il tuo nome da ciò che fissavi” sarà svolto da Guadalupe Arbona Abascal, docente di Letteratura spagnola e di Letteratura comparata e scrittura creativa all’Università Complutense di Madrid. Domenica 18 e lunedì 19 saranno anche i giorni in cui andrà in scena “Midnight Barabba”, spettacolo inaugurale del Meeting 2019, nel Teatro Galli di Rimini, riportato di recente al suo antico splendore. Come sempre, sono molteplici le iniziative in programma con numerosi ospiti. Nell’area Sussidiarietà e lavoro, promossa dalla Fondazione per la Sussidiarietà, interverranno il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, Enrico Giovannini, Corrado Passera, Vincenzo Boccia, Carlin Petrini, Ermete Realacci, Stefano Zamagni, Nando Pagnoncelli, Luigino Bruni, Annamaria Furlan, Mauro Magatti. Poi spazio ai temi delle città, alla salute, al dialogo interreligioso, all’innovazione, ai diritti e ai doveri. Tra i relatori anche il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, padre Arturo Sosa Abascal, mons. Richard Paul Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, il vicario apostolico di Aleppo, mons. George Abou Khazen, e il direttore dell’Osservatore Romano Andrea Monda.
0 commenti