Eugenio Serra – Città del Vaticano, Vatican News

Sono passati sessant’anni dalla morte a Roma di don Luigi Sturzo, sacerdote per vocazione, impegnato in politica e studioso per passione. Fautore dell’impegno dei cattolici nella vita politica, ma rispettoso del non éxpedit, una disposizione, voluta da Papa Pio IX, che vietava ai cattolici la partecipazione. Il 18 gennaio 1919, abrogata ufficialmente la disposizione della Santa Sede da Papa Benedetto XV, lanciò l’appello “ai liberi e forti” con cui diede il via all’esperienza del Partito Popolare Italiano, e quindi all’impegno politico dei cattolici.

Per don Sturzo, si è conclusa nel 2017, la fase diocesana della Causa di Beatificazione con il riconoscimento delle virtù eroiche.

La coerenza di don Sturzo

Ai microfoni di Vatican NewsGiovanni Dessì, segretario generale dell’istituto Luigi Sturzo, racconta come l’esperienza spirituale e l’esperienza politica  nel sacerdote originario di Caltagirone, Catania, andassero di pari passo:
R. – In don Luigi Sturzo c’è una coerenza profonda con i propri principi e, contrariamente a quello che accade oggi, non è esibita ma è vissuta con drammaticità. Sturzo non ha mai fatto vanto del suo essere un sacerdote, anzi nei dibattiti pubblici non trapelava quasi. Eppure è così fedele alle proprie origini, alle proprie convinzioni da affrontare più di venti anni di esilio per non contravvenire a quella che era un’indicazione che dalle gerarchie della Chiesa cattolica era a lui arrivata.

Quali sono gli aspetti che descrivono la figura di don Luigi Sturzo?
R. – La prima questione, a mio avviso, è il realismo nell’approccio alla politica. Sturzo riuscì a mettere in campo una politica fortemente riferita a valori ideali e nello stesso tempo in grado di risolvere le questioni concrete. Il programma del Partito Popolare è fortemente caratterizzato dal riferimento a temi come la libertà; d’altra parte seppe fare alcune scelte che non erano soltanto ideali, ma che manifestavano la profonda conoscenza, un profondo confronto con la situazione storica nella quale Sturzo viveva. Quindi il realismo mi pare la prima cosa, che è l’accettazione delle condizioni concrete e la capacità di lavorare su queste. C’è poi un altro aspetto a mio avviso importante: permise ai cattolici di partecipare allo Stato nazionale italiano. Questo è forse il significato storico più grande dell’opera di Sturzo.

A proposito invece dell’appello “ai liberi e forti” steso da Sturzo nel 1919, che cosa rimane oggi?
R. – Sturzo si rivolge a tutti in quel testo: non solo ai cattolici, ma a tutti gli uomini liberi e forti. Questa idea rimanda a quella concezione del partito come un partito che nasce dalla responsabilità di alcuni individui, ha un programma, ha dei valori e per questo può esser proposto a tutti. Sturzo proclama l’appello “ai liberi e forti” e nello stesso tempo il programma del Partito Popolare, un programma densissimo. In tre, quattro paginette, Sturzo delinea quelli che sono i punti qualificanti. Il pacifismo è il primo. Il voto alle donne è un altro punto interessante che Sturzo individua, quindi l’appello è estremamente attuale. Da quel testo e da quel programma si evince una concezione della politica come impegno e responsabilità, ma nello stesso tempo come rifiuto della pretesa di far diventare la politica la scena di un combattimento tra il bene e il male.

In che modo don Luigi Sturzo può aiutarci a leggere e comprendere la realtà di oggi?
R. – Sturzo fu un uomo di solidissime convinzioni, ma aperto. Credo che nel clima che viviamo, segnato da una rissosità, per certi versi da un nichilismo, Sturzo sia il simbolo di un approccio alla realtà della storia della politica che non enfatizza il negativo, ma che al contrario, è in grado di individuare ed enfatizzare ciò che di positivo emerge dalla storia. Questo, credo sia il suo lascito più grande e oggi, per certi versi, il più attuale.

La politica come forma alta di carità

Intanto, dopo la conclusione della fase diocesana, continua il processo di beatificazione di don Luigi Sturzo.

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