X

Libri sotto l’ombrellone. Alla riscoperta della bellezza e della cura

Di Marco Testi

Che andiate in vacanza o no, per prima cosa siate curiosi: scoprite il bello dei luoghi in cui siete, anche se a voi sembrano i più scontati del mondo, perché quasi mai un luogo è privo di bellezza, sia essa naturale, storica, artistica, umana. E anche restare a casa potrebbe avere i suoi lati positivi, se ci mettiamo alla riscoperta di ciò che ci circonda da sempre, magari spingendoci con i mezzi pubblici, in auto, a piedi o in bici, sempre qualche passo più in là. Ma per tutti, per quelli che stanno ore e ore sotto un ombrellone, o a casa ad accudire un proprio caro, o per altre ragioni?

Nessuno è solo davvero se ha con sé un libro.

Perché le ragioni della vita contro la morte sono talmente presenti in loro che la stessa psicoterapia li ha scoperti come una vera e propria cura. Non devono essere per forza quelli di oggi, perché ve ne sono di senza età, prova provata della persistenza della loro fascinazione attraverso i millenni.Un esempio tra tutti, il biblico Quoelet, che è diventato, pochi lo sanno, un punto di riferimento essenziale per altri capolavori, non solo letterari.Una delle più belle sezioni poetiche del grande Eliot, cantore prima della desolazione esistenziale e poi della salvezza nella speranza e nella fede, il “Canto d’amore di Prufrock”, ha attinto a piene mani a quello struggente testo biblico. Che poi è stato ripreso da un grande folk-singer americano, Pete Seeger, che ne fece un ulteriore capolavoro, “Turn turn turn”, diventato uno dei cavalli di battaglia dei Byrds, il gruppo che aveva portato al successo una versione elettrica della dylaniana “Mr tambourine man” nel 1965. Ma non è finita qui: nel 1972 il grande compositore Luis Bacalov, insieme a Baldazzi e Bardotti, scrive la musica per una canzone del gruppo rock degli Osanna, “There will be time”, in cui sono chiarissimi i riferimenti sia ad Eliot che all’originale biblico.

Se vogliamo passare alla narrativa pura e semplice, allora consiglierei, soprattutto ai giovani, uno dei protagonisti del cosiddetto “trascendentalismo” americano (una stagione di rivolta contro il materialismo che influenzerà molti poeti come Whitman, la beat generation e perfino Bob Dylan):

l’editore Lindau ha avuto l’idea niente male di “tradurre” la sua ricoperta della natura (siamo a metà Ottocento) come salvezza contro l’autodistruzione umana, in “Thoreau. Una vita disobbediente”, un graphic-novel targato A. Dan e M. Le Roi. Se vogliamo restare in una narrativa che parla della natura come madre e salvezza (diciamolo: l’enciclica papale “Laudato si’” ha aiutato molto questa riscoperta) allora non perdetevi i racconti, soprattutto “L’anno della lepre” (Iperborea) dello scrittore-boscaiolo finlandese, da poco scomparso, Arto Paasilinna. E per rimanere in tema, “La malasorte” (L’Erudita) di Daniela Grandinetti, un romanzo che unisce due storie, quella di una bambina destinata al sacrificio dalla miseria e quella della riscoperta della struggente bellezza di una natura a due passi da casa e di cui non sempre ci accorgiamo. La scomparsa dell’attore Rutger Hauer, l’indimenticato replicante della serie Nexus 6 in “Blade Runner” ci ricorda che sarebbe bene leggere, se non lo avete già fatto, il romanzo di Dick alla base del film, che ci presenta il conto salato di due sorprese: intanto si intitola “Ma gli androidi sognano le pecore elettriche?”, e poi non c’è traccia del famoso monologo “Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi…” che sembra sia stato frutto dell’improvvisazione dell’attore olandese.

Con una particolarità: sapete in che anno si svolge la fiction di Blade runner, tra totale buio da inquinamento, caos metropolitano, violenza gratuita e ricerca di nuovi dèi, tutte cose che ovviamente non ci riguardano? Nel duemiladiciannove. Da meditare, gente.

E per finire, “Storia di un maldestro in bicicletta” del compianto Andrea Bizzotto (Brenta Piave Edizioni), struggente lascito di un papà che se ne va troppo presto ma che lascia alla bimba un dono preziosissimo: una lettera per ogni compleanno a venire e una canzone a lei dedicata. Nonostante si parli di un addio, anzi, di un arrivederci, un vero e proprio inno alla vita. Perché vivere oggi sarà difficile, ma abbiamo le “armi” giuste per poterlo fare. Una è la speranza. Nonostante tutto.

Redazione: