“Invito tutti a guardare alle sue scelte coraggiose, espresse in un’autentica conversione a Cristo, come pure nel dono della sua vita contro ogni forma di intolleranza e di perversione ideologica”.
Ebrea, convertita al cristianesimo, vittima della Shoah
Così il Papa ha reso omaggio alla figura di Edith Stein, filosofa e mistica tedesca, nata a Breslavia nel 1891, da famiglia ebrea, convertitasi al cattolicesimo dopo avere attraversato un periodo di ateismo; battezzata a 30 anni ed entrata nel monastero carmelitano di Colonia nel 1934, con il nome di Teresa Benedetta della Croce, rimase vittima delle persecuzioni naziste, trasferita per essere protetta nel convento carmelita di Echt nei Paesi Bassi, non sfuggì all’ordine di arresto emanato da Hitler nel luglio del 1942 di tutti gli ebrei convertiti, finora risparmiati; condotta nel campo di transito di Westerbork e poi in quello di sterminio di Auschwitz, dove trovò la morte nelle camere a gas, il 9 agosto del 1942, insieme alla sorella Rosa, anche lei convertita, terziaria carmelitana scalza.
Compatrona d’Europa, esempio di coraggio e coerenza
Vergine e martire, canonizzata da Giovanni Paolo II nel 1998, Edith Stein compatrona d’Europa, rappresenta davvero un esempio a cui guardare nei nostri tempi e la sua vita un monito per tutti noi, come sottolinea suor Eleonora, carmelitana scalza del Monastero di Sassuolo, nei pressi di Modena, in Emilia Romagna
R. – Assolutamente sì! Anche perché Edith Stein lo sa per esperienza: lei, prima di entrare nel Carmelo di Colonia, ha dovuto rinunciare alla sua carriera accademica e alla sua attività di insegnante proprio in seguito alle leggi raziali. Sulla questione noi sappiamo che nel 1933 ha scritto anche una lettera al Papa Pio XI, segnalando la gravità della questione ebraica. Lei, in questa lettera, parla proprio di fatto di totale disprezzo di giustizia e di umanità da parte di un governo che si definisce cristiano e che quindi abusa del nome di Cristo. Ecco, lei in questa lettera diceva che la responsabilità di questi fatti ricade anche su coloro che tacciono, ed è significativa anche una conferenza che lei tiene nel 1930 sul ruolo degli intellettuali – e noi sappiamo che lei lo era, anche perché era lei stessa insegnante; e quindi diceva che da un punto di vista politico, anche l’insegnante, l’intellettuale deve proprio mirare a condurre una massa di uomini impulsivi che costituiscono un pericolo per lo Stato, verso una vita spirituale proprio perché dispongano il proprio lavoro in conformità con gli scopi della comunità, che è il vero bene del popolo. Quindi lei per esperienza ha passato tutte queste cose e le dice con cognizione di causa – e credo che siano quanto mai attuali.
E’ giusto dunque prendere sul serio i richiami anche del Papa a non sottovalutare segnali di indifferenza che vediamo oggi, anche nella classe intellettuali, rispetto al venire meno di capisaldi della democrazia?
R. – Assolutamente sì! Anche perché – appunto – il silenzio purtroppo a volte è anche un segno di connivenza, e quindi è bene che gli intellettuali, le associazioni cattoliche e non solo rinnovino un po’ anche la coscienza di una Costituzione italiana che viene da una storia precisa e che veicola valori che oggi, purtroppo, rischiano di essere messi in pericolo.
Si sente parlare poco nei media – a dire il vero – di suore, ma recentemente, l’11 luglio c’è stata una ‘lettera aperta’ – che invece ha fatto notizia – firmata da consorelle Carmelitane scalze e Clarisse di circa 60 monasteri in Italia; una lettera indirizzata al presidente Mattarella, al presidente del Consiglio dei ministri, Conte, per sollecitare politiche umanitarie verso migranti e rifugiati. Quale risposta al vostro appello, finora?
R. – Dalla segreteria che gestisce le sottoscrizioni a questa ‘lettera aperta’, so che sono pervenute più di 800 adesioni tra simpatizzanti e istituti, congregazioni, ordini religiosi; noi, sinceramente, non ci aspettavamo un’adesione così ampia, una vicinanza così calorosa. Certo, sono pervenute anche critiche, ma quasi tutte sempre molto rispettose e sono circa una dozzina, rispetto invece a tutte le adesioni che abbiamo ricevuto. Dal nostro versante è stata un’esperienza ecclesiale fortissima che ci ha fatto toccare con mano l’espressione di Teresa di Lisieux, quando lei dice di essere nel cuore della Chiesa. Abbiamo ricevuto tantissime risonanze anche da parte di famiglie, di laici, di credenti e non credenti, associazioni, ordini secolari e veramente devo dire che hanno colto il senso pieno di questa iniziativa che è stato, effettivamente, quello di incominciare a interrogarci su come consideriamo l’altro nel quotidiano. Quindi, se i migranti sono estranei è perché spesso ai nostri occhi lo sono le persone che vivono con noi gomito a gomito. Ma l’accoglienza, noi sappiamo che trasforma e apre orizzonti inediti, genera lungimiranza e in ultima analisi, vita: che è esattamente quello di cui oggi abbiamo più bisogno.