Editoriale del Direttore Pietro Pompei
Sicuramente in questo momento storico servono laici cattolici impegnati in modo convinto e convincente in Politica.
Quando la Chiesa si interessa della politica non è mai per motivi politici, ma religiosi e morali. Religiosi, perché la politica è un campo da evangelizzare e può essere a sua volta evangelizzante. Morali, perché la politica sia campo ove si rispetta e si completa l’ordine del creato. E’ così anche per una eventuale “Scuola di Dottrina sociale della Chiesa per la formazione all’impegno sociale politico della diocesi …
In questi tempi dobbiamo constatare un doloroso paradosso. La politica, che si pensava in arretramento dopo la crisi delle ideologie classiche, anziché arretrare sta avendo un forte colpo di coda. Oggi, i parlamenti e i governi, i consigli regionali e le giunte comunali si attribuiscono il dovere di intervenire in ambiti molto delicati della vita personale e comunitaria: l’inizio e la fine della vita, la procreazione, il matrimonio … perfino le identità sessuali. I movimenti libertari degli anni Sessanta e Settanta volevano togliere questi ambiti dalle istituzioni, per restituirli al soggetto. Oggi avviene il contrario: quelle stesse correnti ideologiche affidano proprio alle istituzioni politiche la missione di cambiare la natura delle cose in campi tanto delicati. Negli anni Sessanta e Settanta i movimenti rivoluzionari e contestatori avevano affidato al sesso un significato politico. Non stupisce che oggi venga affidato alla politica il compito di intervenire nell’ambito del sesso. Ciò che una volta si praticava in tono contestativo ed antisistema, oggi viene insegnato a scuola.
Un doloroso paradosso dei nostri tempi Mentre la politica invade questi ambiti nevralgici della vita personale e comunitaria e mette mano all’ordine naturale della creazione, mentre la politica si fa non solo ingegneria sociale ma anche ingegneria antropologica, si assiste alla scomparsa dei cattolici in politica. Alcuni anni fa il Parlamento di Strasburgo ha approvato due Rapporti – il Rapporto Tarabella e il Rapporto Panzeri – anche con il voto favorevole di molti cattolici deputati e solo il voto contrario di qualche sparuto deputato cattolico. Lo stesso avviene da tempo nel Parlamento italiano ed anche negli organismi rappresentativi delle Regioni e dei Comuni. La politica è entrata ormai nelle aule e nelle famiglie e pretende di “prendersi cura” dei nostri bambini con interventi che il cardinale Bagnasco chiamò allora “di rieducazione”, mentre Papa Francesco ha parlato di “colonizzazione della famiglia”. In questi casi la Chiesa preferisce lasciare il protagonismo ai genitori, ma con ciò non si chiama fuori dal gioco. Essa è dalla parte dei genitori che difendono i propri figli e rivendicano il loro diritto originario a provvedere alla loro educazione. Da un lato, quindi, una politica che tutto vuole amministrare, compreso i dati della nostra identità naturale di maschi e di femmine, di madri e di padri, (dell’accoglimento dell’immigrato insegnato dal Vangelo ndr.) e dall’altro la carenza di cattolici impegnati in modo convinto e convincente in politica. Il quadro che abbiamo davanti è talmente stridente da far pensare che siamo in un momento di rifondazione e che molte cose devono essere reimpostate alle radici.
… La Dottrina sociale non parte da se stessa, ma dal deposito della fede, dalla dottrina della Chiesa, dalla dogmatica cattolica, dalla morale insegnata dalla Chiesa, dall’insegnamento del magistero, dall’ininterrotta tradizione. Se i cattolici non convergono su questo, divergeranno anche sulla Dottrina sociale della Chiesa e sulle sue applicazioni. Richiamavo all’inizio il fatto che gli europarlamentari cattolici, a fronte di recenti proposte riguardanti cose fondamentali per la ragione e la fede, si sono comportati diversamente l’uno dall’altro. Il motivo bisogna cercarlo più a monte, non solo in una diversa visione della Dottrina sociale della Chiesa, bensì anche in una diversa visione di cos’è la Chiesa in rapporto al mondo. Ecco perché all’inizio la Scuola diocesana non si occuperà di problemi particolari – del salario o del fisco, della scuola o della famiglia, del sindacato o dell’impresa … – ma chiarirà i presupposti di dottrina e di fede, senza dei quali si rimane vittime delle proprie opinioni o, peggio, delle ideologie del mondo. In quel caso la fede dei cattolici avrà ben poco da dire alla politica, anzi saranno le ideologie politiche ad insegnare le loro verità ai credenti.
Non si può separare l’ordine della salvezza dall’ordine della creazione Con ciò non intendo negare il legittimo pluralismo delle scelte politiche. Certo che il pluralismo deve essere, come dice il Concilio, “legittimo”, ossia secondo la legge.
Secondo la legge antica e secondo la legge nuova, che l’ha assunta e rinnovata. In politica c’è un vastissimo campo di scelte legittimamente plurali, frutto del discernimento della retta coscienza in settori lasciati alla deliberazione umana data la loro complessità o la loro contingenza. In politica, però, ci sono anche scelte che non si possono mai fare e scelte che si devono assolutamente fare, ogni qualvolta sono in gioco la trascendente dignità della persona umana e il diritto divino.
Non dimentichiamo che il primo Legislatore è Dio. Il pluralismo è “legittimo”, ossia secondo la legge, quando rispetta la legge di Dio.
I laici impegnati in politica – dice il Concilio – devono ordinare a Dio le cose temporali.
Mi chiedo: come possono farlo votando a favore di leggi che contraddicono l’ordine della creazione? Come si può pensare – rimanendo nel contempo cattolici – che l’ordine della salvezza possa essere contrario e indipendente all’ordine della creazione?
Come si può pensare, per esempio, che il bene comune possa essere raggiunto tramite leggi e politiche contrarie all’ordine del creato?
Lungo la storia della Chiesa, molte eresie hanno separato ordine della creazione ed ordine della salvezza, ma anche il nostro tempo non è da meno…”.
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