Più di 80 giovani provenienti da tutto il mondo e appartenenti alle Chiese membri del Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc) si sono dati appuntamento in Corea del Sud ed hanno fatto un pellegrinaggio di “giustizia e pace” nel Paese raggiungendo la zona de-militarizzata, che divide la penisola coreana dal 1953. Tema del pellegrinaggio: “Camminare con la pace, rivendicare la speranza”.
Il pellegrinaggio della zona demilitarizzata faceva parte di un intenso programma di sei giorni che includeva anche pellegrinaggi di Daejon e Nogeun-ri, entrambi luoghi che sono oggi testimoni dei massacri di civili nel 1950. “Prestare attenzione alle ferite del passato e alle vittime di tali atrocità ed esplorare le vie della pace, della guarigione e della riconciliazione della Corea, sono stati i temi chiave di questo pellegrinaggio, che è il primo del suo genere in quel paese”. “Vogliamo che i giovani crescano e avanzino nel loro pellegrinaggio verso una pace stabile e duratura, non per la prossima generazione ma per la nostra”, dice il Rev. Nam Ki-Pyung, segretario generale del Consiglio ecumenico della gioventù in Corea (Eyck).
L’Eyck è il braccio giovanile del Consiglio Nazionale delle Chiese in Corea (Ncck) insieme al quale il pellegrinaggio è stato organizzato. Ki-Pyung sottolinea inoltre l’importanza di avvicinare i giovani di diversi angoli del mondo ai giovani coreani. “Vogliamo attirare l’attenzione su scala globale”, afferma. Dal 6 al 12 agosto, i ragazzi sono stati impegnati in un fitto programma di preghiera, riflessione e dialogo partendo dalle ferite della guerra di Corea e della divisione della penisola coreana per arrivare ad un impegno sempre più forte, anche nel movimento ecumenico, per la pace e la riconciliazione. Il pellegrinaggio si è concluso ieri, 11 agosto, unendosi con la preghiera annuale per la riunificazione pacifica della penisola coreana. “La profondità della divisione che abbiamo sperimentato qui – dice la rev. Martina Viktorie Kopecka del Wcc – ci ricorda le nostre storie e il nostro bisogno di riconciliazione. Veniamo da tutto il mondo e condividiamo esperienze simili, ma in contesti diversi. Riunire le persone e condividere le loro storie aiuta a guarire le ferite”.