Dopo il rifiuto della nave Open Arms di dirigersi ad Algeciras, e il pugno duro del ministro Salvini – “In Italia non scendono” – Madrid ha proposto alla nave della Ong, “il porto più vicino”, ovvero Mahon, sull’isola di Minorca (Baleari). Ma la Open Arms non si muove: “Crediamo di aver fatto il nostro dovere a pieno”, spiega Alfonsi. “Abbiamo gestito questa situazione difficilissima cercando di farlo al meglio. Se ora il governo spagnolo e il governo italiano si sono messi d’accordo, si assumano le responsabilità del soccorso di queste persone, trovino loro il modo per farle sbarcare il più velocemente possibile in un porto sicuro. La nostra soluzione – che è ovviamente la migliore – sarebbe quella di far sbarcare le persone nel porto di Lampedusa visto che siamo ad un passo dalla costa e poi organizzare una loro distribuzione in Spagna. Vogliono mandare loro delle navi sicure e organizzare il trasporto in Spagna? Lo facessero. Noi ribadiamo che si tratta di un ulteriore violazione dei diritti. Siamo disposti a fare di tutto perché queste persone scendano al più presto a terra. Ma non siamo assolutamente in grado di portarli da nessuna parte se non nel porto di Lampedusa e questo per la situazione che c’è a bordo, per i 18 giorni che sono trascorsi di portare le persone”. Un medico di Emergency ed un mediatore culturale sono saliti a bordo ed hanno stilato un report medico e psicologico molto approfondito, evidenziando criticità molto gravi. “Hanno evidenziato – racconta Alfonsi – una situazione psicologica di fragilità generalizzata. Sono tutte persone che vengono da violenze, abusi reiterati subiti in Libia in centri di detenzione. Ledonne che abbiamo a bordo, sono state tutte abusate più e più volte, gli uomini hanno subito violenze di ogni tipo. Ora sono state costrette a stare 18 giorni sul ponte di una nave, in uno spazio limitato, al caldo. È chiaro che sono persone provatissime psicologicamente. Basta una piccolissima cosa per trasformare questa situazione di tranquillità che i volontari e le volontarie stanno cercando di mantenere a bordo, in una situazione esplosiva, con crisi di panico, pianto, svenimenti e momenti di tensioni”. Attualmente a bordo della Open Arms ci sono 107 persone e 19 volontari e volontarie.