La deforestazione e la siccità. Ma anche gli incendi dolosi, le speculazioni, la miopia dei coloni e un “folle” decreto del Governo Morales. Queste la cause del terribile incendio divampato nella zona occidentale del Paese, tra i dipartimenti di Santa Cruz e del Beni. 470mila ettari di foresta andati distrutti. L’accusa arriva da mons. Eugenio Coter, vescovo del vicariato apostolico di Pando e referente per la Rete panamazzonica (Repam) della Bolivia. “Le autorità hanno arrestato 5-6 persone, ma è evidente che così poche persone non possono provocare tutto ciò”. Un grave danno è provocato anche da piccoli roghi accesi da privati, a causa, spiega il vescovo, “di un irresponsabile decreto del Governo. La Bolivia ha appena firmato un contratto con la Cina per venderle 10 milioni di mucche. Una cosa spropositata, dato che attualmente in Bolivia vengono allevati 11 milioni di capi, ed erano tre milioni all’arrivo al governo di Morales. Perciò, è stato proprio il Governo a invitare la gente dei dipartimenti di Santa Cruz e Beni a disboscare le sterpaglie, ad aprire nuovi spazi per l’allevamento! Va detto che non siamo nelle alpi, qui per sfamare una o due mucche ci vuole un ettaro! Una cosa irresponsabile. Oltre a tutto, il terreno sotto la foresta è di tipo addirittura sahariano. E’ tutt’altro che fertile e togliendo spazio alla foresta otterremo in pochi anni di sfruttamento solo una sterile savana. Lo dico sempre, Morales ha un atteggiamento da colono. Si arriva, si sfrutta a fondo e si va da un’altra parte. E così cambiamenti climatici, speculatori e coloni hanno provocato l’enorme danno a cui stiamo assistendo oggi. Stiamo parlando del rogo più grande, ma ce ne sono stati altri anche nel nord del Paese, vicino a Riberalta, dove vivo io”. Una situazione fuori controllo: “50 famiglie hanno perso tutto, moltissimi animali, mucche, caimani, scimmie, sono stati trovati calcificati. Nell’ultima settimana sono stati contati 428 fuochi nella zona tra Santa Cruz e il Beni. Ci sono circa 300 chilometri tra Santa Rosa de la Roca e Roboré, passando per San Ignacio de Velasco e San Miguel de Velasco”.