Cecilia Seppia – Città del Vaticano www.vaticannews.va
Dalla finestra dell’Angelus il Papa chiede con forza l’impegno di tutti per fermare le fiamme che stanno devastando da mesi la foresta amazzonica e che negli ultimi giorni sono aumentate a dismisura, tanto da essere visibili dallo spazio con un’area coinvolta di oltre 2.250 chilometri quadrati, e da oscurare completamente con una nube di fumo denso il cielo di San Paolo del Brasile.
Siamo tutti preoccupati per i vasti incendi che si sono sviluppati in Amazzonia. Preghiamo perché, con l’impegno di tutti, siano domati al più presto. Quel polmone di foreste è vitale per il nostro pianeta.
Solo ieri è scattato il piano per fermare i roghi con il dispiegamento di oltre 44 mila soldati affiancati da mezzi aerei, navali e terrestri. Le aree boschive maggiormente colpite si trovano in Randonia, Bolivia, Brasile ma ora le fiamme hanno raggiunto anche il Paraguay. Il dramma ambientale, che avrà delle enormi ripercussioni sull’intero ecosistema mondiale, ha sollecitato oltre alla reazione di Papa Francesco, quella di molti capi di stato e di governo e ha dato il via alla mobilitazione internazionale di cittadini, scesi in strada contro il presidente brasiliano Bolsonaro che accusa gli stati limitrofi di “indifferenza”, fino ad arrivare ieri a Biarritz, in Francia sul tavolo del G7 che potrebbe prevedere sanzioni internazionali contro il Brasile.
72 mila roghi da gennaio
Secondo il presidente Bolsonaro gli incendi sono nella media di quelli avvenuti negli ultimi 15 anni ma stando ai dati dell’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile, da gennaio ad oggi, nella foresta pluviale ci sono stati 72 mila roghi con un aumento dell’84% rispetto a quelli del 2018. La causa principale, all’origine degli incendi, sembra essere sempre la deforestazione, per cui comunemente è impiegato l’uso del fuoco per ricavare il più velocemente possibile campi coltivabili.
Una situazione allarmante questa, che ha spinto anche la Conferenza episcopale brasiliana a scendere in campo con determinazione. “E’ urgente – si legge in una nota – che i governi dei Paesi amazzonici, specialmente il Brasile, adottino provvedimenti seri per salvare una regione determinante per l’equilibrio ecologico del pianeta. Non è più il momento dell’irrazionalità e delle divagazioni nei giudizi e nelle parole”. Alzano la voce anche i presuli messicani e quelli del Paraguay dove stanno bruciando 40 mila ettari di boschi e pascoli nella regione del Chaco. Il pericolo per il polmone del mondo, che da solo produce il 20% dell’ossigeno del pianeta e il 10% della biodiversità, non riguarda solo flora e fauna ma anche le popolazioni e le tribù indigene, costrette ad abbandonare la loro foresta che, non ultimo, svolge un ruolo fondamentale di contrasto al riscaldamento globale.