DIOCESI – Padre Marko Ivan Rupnik, teologo, artista, direttore del Centro Aletti, lunedì 2 settembre, insieme alla sua squadra, ha concluso i lavori del nuovo mosaico all’interno della Cattedrale Madonna della Marina di San Benedetto del Tronto.
Con l’occasione dell’ultimazione dei lavori ieri mattina, alle ore 7.30, Padre Rupnik ha presieduto la Santa Messa presso la Cattedrale.
Al termine della celebrazione abbiamo chiesto a Padre Rupnik di presentarci la sua nuova opera.
“L’Eucaristia, come Liturgia, è il passaggio nel Regno attraverso la nostra offerta di pane e vino che è espressione della nostra vita, ciò che è necessario per sopravvivere, la nostra vita biologica. Noi essendo già “nuovi” siamo in grado in Cristo di offrire. L’uomo “vecchio”, Adamo, prendeva.
Noi offriamo e questa offerta, quando scende lo Spirito Santo su di essa, diventa Corpo di Cristo, la vita di Cristo e allora immediatamente c’è il ricordo della Pasqua di Cristo, cioè del Suo dono totale sulla Croce e il Padre lo resuscita e dunque quando il sacerdote alza pane e vino e dice “per Cristo, con Cristo, in Cristo”, vuol dire che veramente la nostra offerta, cioè noi stessi diventando Corpo di Cristo siamo arrivati davanti al Padre. Non da soli, da single, ma in comunione, cioè l’umanità, come comunione, si trova davanti al Padre. L’Eucaristia è questo passaggio , tanto è vero che si dice alla Comunione “Beati gli invitati alla Mensa del Signore” cioè non il Signore alla nostra mensa, ma noi alla Sua, alla Sua Pasqua eterna nel Regno. È anche bello perché appena arriviamo davanti al Padre c’è la preghiera del Padre Nostro, cioè adesso possiamo pregare il Padre Nostro. Allora Eucaristia è un passaggio e per questo i cristiani hanno detto: “Ecco l’Eucaristia è il viatico”, il viatico che è necessario per giungere al Regno, alla vita secondo Dio, alla vita dell’eterno e questo viatico è interessante perché rimanda alla manna del deserto che era infatti il cibo necessario per sopravvivere nel deserto. Il popolo voleva la carne, ma se mangiava la carne moriva, nel deserto non è possibile. E allora anche noi, affinché noi veramente non moriamo, ma viviamo la vita battesimale e con questo salviamo anche le nostre ossa, la nostra umanità concreta, biologica, bisogna che mangiamo ciò che è la nostra vocazione, ciò che è la nostra vera identità, la vita del Figlio, l’umanità di Cristo morto e risorto, in modo che noi diventiamo sempre più penetrati dall’Amore, dal dono di sé e tutto ciò che è avvolto nell’Amore rimane in Cristo per la Resurrezione. Allora è necessario che lungo questa nostra vita, continuiamo a mangiare ciò che stiamo diventando cioè il Corpo di Cristo. È bello quando Agostino dice: “Mi viene detto Corpo di Cristo prima della Comunione e io rispondo: Sì questo sono. Su questo metto la mia firma. Questa è la mia identità”.
E allora l’Eucaristia è il passaggio da una creazione alla nuova creazione e nel Vangelo c’è un episodio riportato da Luca e da Giovanni di questa pesca miracolosa alla fine della quale Pietro tira la rete piena di pesci all’altra riva dove lo aspetta Cristo, l’altra riva vuol dire al di là, può dire anche il mondo nuovo, cioè il mondo pagano dove bisogna andare a fare la missione, ma soprattutto l’immagine del punto di arrivo, perché lì è Cristo Risorto che lo aspetta. E allora è il Regno, Pietro porta la rete, cioè la Chiesa sulla riva del Regno all’escaton, al compimento. La rete era immagine sia trinitaria perché sono le persone che aderiscono una all’altra e dunque alla Chiesa, Chiesa come umanità redenta perché unita. Perché tra di noi viviamo una vita secondo Dio Trino, cioè l’adesione libera uno e l’altro come dice nella Genesi la storia di Giuseppe d’Egitto, la vita di uno è legata alla vita dell’altro. Cioè noi stiamo diventando questo organismo tessuto che è il Corpo di Cristo. Allora Pietro porta la rete, piena di pesci, cioè porta i cristiani, già Tertulliano diceva: “Noi siamo questi pesciolini che normalmente sono pescati dall’acqua per essere mangiati e noi invece pescati dalle acque per sopravvivere perché l’uomo nelle acque muore e allora bisogna essere tirati fuori, tanto è vero che Pietro stesso aveva questa esperienza, d’essere tirato dalle acque. E allora i pesci stessi stanno scappando già dalle rete verso Cristo, ma poi è bello questo passaggio, Pietro offre un pesce blu a Cristo e Cristo offre un pesce rosso. Blu è il colore dell’umanità perché l’unica creatura che guarda il cielo è l’uomo perciò i cristiani hanno detto il blu è umano perché guarda l’azzurro del cielo, mentre rosso è il colore di Dio perché il rosso, dice il Levitico, è il luogo dove c’è la vita e la vita appartiene al Signore dunque il rosso è la vita di Dio, è Dio.
Allora Cristo gli offre la divinità e Pietro l’umanità e allora è il divino e l’umano, tanto è vero che sul tabernacolo sarà un pesce rosso-blu-oro, divina umanità di Cristo e noi siamo questa divina umanità e anche perché i cristiani inculturandosi nella cultura greca hanno visto nel pesce l’immagine del nostro compimento. Noi mangiamo questo pesce zooton, cioè pesce vivente affinché noi possiamo vivere e allora “ichthys”: Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore, ecco il pesce già come parola per i cristiani, era questa immagine della divina umanità di Cristo, vero Uomo vero Dio. E allora, l’Eucaristia è questo viatico che ci accompagna e cioè proprio dal tabernacolo fino all’escaton e sopra di Cristo infatti c’è una piccola immagine della Gerusalemme celeste proprio per ricordarci che noi abbiamo una Patria che è il Regno del nostro Dio Padre”.
Marko Ivan Rupnik nasce il 28 novembre 1954 a Zadlog, presso Idrija, dopo tre sorelle, ultimo di quattro figli, da Ivan e Ivanka Kaucic. Nel 1973 entra nella Compagnia di Gesù. Studia filosofia a Lubiana e poi si iscrive nel 1977 all’Accademia delle Belle Arti di Roma, dove termina gli studi nel 1981. Seguono gli studi di teologia alla Gregoriana, a Roma. Diventa sacerdote nel 1985. Sempre presso la Gregoriana, inizia la specializzazione in missiologia. Dal 1987 al 1991 vive a Gorizia presso il Centro “Stella Matutina” dei gesuiti, dove lavora soprattutto tra i giovani. Nel 1991 consegue il dottorato presso la Facoltà di missiologia della Gregoriana con una tesi guidata da p. Špidlìk su Il significato teologico missionario dell’arte nella saggistica di Vjačeslav Ivanovič Ivanov.
Dal settembre 1991 vive e lavora a Roma presso il Centro Aletti, di cui è direttore. Insegna alla Pontificia Università Gregoriana, al Pontificio Istituto Liturgico S. Anselmo e tiene corsi e seminari presso numerose altre istituzioni accademiche europee.
Nel febbraio 2000 ha ricevuto il premio “France Prešeren”, il più alto riconoscimento per la cultura della Repubblica Slovena.
Nel 2002 è insignito dell’onorificenza “Segno d’onore della libertà della Repubblica Slovena”, conferitagli dal Presidente della Repubblica.
Nel 2003 ha ricevuto il premio internazionale “Beato Angelico” per l’Europa.
All’attività di artista e di teologo affianca da sempre quella più specificamente pastorale, soprattutto attraverso la guida di numerosi corsi ed esercizi spirituali.
Con l’Atelier dell’arte spirituale del Centro Aletti, Rupnik ha eseguito le opere a mosaico presentate nel sito web del Centro Aletti: www.centroaletti.com
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