La Chiesa argentina ha vissuto sabato e domenica la Colletta nazionale “Más por Menos”, giunta alla cinquantesima edizione e promossa per sostenere oltre mille progetti in tutto il territorio e soprattutto nelle regioni più povere e periferiche. Un appuntamento che si colorava quest’anno di particolare urgenza. La crisi economica e sociale attanaglia sempre di più il Paese, tanto che l’emergenza, ormai, è arrivata a essere alimentare.La scorsa settimana dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e del lavoro della Chiesa argentina è, infatti, arrivata questa precisa richiesta al Governo: dichiarare “l’emergenza alimentare e nutrizionale”.In una nota l’organismo pastorale, presieduto da mons. Jorge Lugones, vescovo di Lomas de Zamora, scrive che negli ultimi mesi “avvertiamo che, dato la grave crescita dell’indigenza, della povertà, della disoccupazione e l’aumento indiscriminato del prezzo del cibo nel paniere di base, ci troviamo in una situazione di emergenza alimentare e nutrizionale”.
Secondo la Pastorale sociale è necessario decidere con urgenza “un paniere di base per la prima infanzia, con prodotti essenziali che possono essere distribuiti gratuitamente o a costi convenzionati,per garantire sicurezza alimentare e nutrizionale, salute e assistenza di qualità per ragazze e ragazzi”. Alla richiesta si è prontamente associata la Caritas argentina, nelle ultime ore, la Federazione delle chiese evangeliche dell’Argentina.
Padre Pepe: “Manca il lavoro”. La conferma di una situazione sempre più insostenibile arriva sia attraverso lo sguardo di prossimità e condivisione dal pastore che ogni giorno è a contatto con la gente delle baraccopoli nella periferia di Buenos Aires, sia attraverso il rigore della sociologa dell’Università Cattolica Argentina (Uca). Padre José Maria di Paola, noto come padre Pepe, è forse il più conosciuto (opera nella villa La Carcova) tra i “curas villeros” che prestano servizio nelle “Villas miserias” o “Villas de emergencia”, i quartieri più poveri dell’enorme periferia della capitale. Fu proprio l’allora arcivescovo Jorge Mario Bergoglio a incaricarlo di prestare questo servizio. E dal suo “osservatorio” non può che confermare al Sir:
“È vero, molte famiglie non ce la fanno a pagarsi i pasti, ci sono molti bambini che vengono mandati a letto presto, senza cena”.
E spiega: “La povertà è un fenomeno consolidato, dura da decenni. Ultimamente, una politica da una forte impronta liberale ha deciso l’aumento di molte tariffe e questo ha coinciso con il momento di crisi, che ha coinvolto anche la classe media. È un momento difficile, non solo per la povertà ma anche per la difficoltà di trovare lavoro. E questo vale anche per le occupazioni informali, non ufficiali, i piccoli affari. Il lavoro cala e i costi aumentano”. Sulla richiesta di emergenza alimentare, padre Pepe aggiunge: “La Conferenza episcopale ha una visione globale su tutto il Paese, e la situazione è peggiorata in molte zone”.
L’infanzia è la più colpita. I numeri, del resto, sono eloquenti, e vengono portati al Sir da Ianina Tuñón, ricercatrice responsabile del “Barometro del disagio sociale dell’infanzia”, nell’ambito del’Osservatorio sul disagio sociale dell’Uca. “Attraverso il programma dell’Osservatorio – spiega – abbiamo messo a punto i dati della situazione alimentare a partire dal 2010. Nel periodo tra il 2017 e il 2018 l’insicurezza alimentare è aumentata in modo significativo, in particolare per l’infanzia.Nel 2018, il 13% dei bambini argentini si trovava in insicurezza alimentare. Il 40% ricorreva a mense scolastiche o comunitarie per potere consumare, almeno, un pasto al giorno.Tra il 25% della popolazione povera, la percentuale dei bambini in insicurezza alimentare aumenta al 25,4%. Il fenomeno, evidentemente è in stretta relazione con il generale peggioramento della situazione economica”. La ricercatrice prosegue spiegando che, numeri alla mano “l’infanzia che vive nella periferia di Buenos Aires è particolarmente colpita. L’insicurezza alimentare cresce al 17% e al 28,9% nel 25% della popolazione che si può definire povero”. Nel breve termine, conclude Ianina Tuñón, la possibilità più concreta d’azione è di “calibrare meglio l’offerta alimentare diretta attraverso l’implementazione di mense per i settori sociali più vulnerabili. Esiste un’ampia copertura alimentare che però non si focalizza adeguatamente sugli strati sociali più bassi e in contesti residenziali più segregati”.
Aiuto e speranza nelle “Villas”. È quello che si cerca di fare nelle “Villas de emergencia”: “Abbiamo mense, centri di distribuzione, mense solo per ragazzi”. E oltre a queste, molte altre iniziative, per togliere i giovani dalla droga e dalle dipendenze (padre Pepe è stato più volte minacciato dai narcotrafficanti), per insegnare un lavoro, per dare speranza. “C’è bisogno di stabilità di dare una prospettiva”, prosegue padre Pepe. Inevitabile chiedergli un parere sulle imminenti elezioni presidenziali, che si terranno il 27 ottobre: “Noi – dice – non entriamo in temi strettamente politici, ma cerchiamo di stare vicini alla gente, viviamo nei quartieri, i nostri temi sono la lotta alle dipendenze, il lavoro, la prevenzione. Il nostro compito è aiutare la gente a livello sociale e spirituale”. Certo, è però essenziale “dare speranza e invertire la direzione. Chiunque sarà il presidente avrà davanti a lui una grande sfida, quella di avviare un cammino diverso”.Portare speranza, insomma, resta una sfida necessaria. E un aiuto formidabile potrebbe venire dall’attesa visita di Papa Francesco nel suo Paese, nella sua città e nelle “sue Villas de emergencia”.Si è parlato di una possibilità che ciò avvenga il prossimo anno. “Claro, la gente lo aspetta, se lo sta chiedendo continuamente. C’è chi continua a strumentalizzare la figura del Papa, ma il popolo semplice lo aspetta nei quartieri!”.