Non passa nell’Assemblea nazionale dell’Ecuador la legalizzazione dell’aborto, secondo la proposta di legge che prevedeva di depenalizzarlo in alcune situazioni (sette in tutto, tra cui le principali sono i casi di violenza, incesto, malformazione e inseminazione non consentita). La riforma, per passare, doveva contare sul voto favorevole di oltre 70 deputati, cioè la maggioranza assoluta dell’assemblea. Ed effettivamente, alla vigilia della votazione, la presiedente della Commissione Giustizia dell’Assemblea nazionale, Ximena Peña, aveva detto che i favorevoli alla proposta di legge erano 75 su 135 deputati. Invece i Sì si sono fermati a 65, i No sono stati 59. Decisive le astensioni (7) e le assenze (7). “Siamo molto contenti per l’esito della votazione, ma anche coscienti che il lavoro continua, soprattutto a livello educativo, culturale, nell’aiuto alle mamme”, dice al Sir mons. José Alfredo Espinoza Mateus, arcivescovo di Quito e primate dell’Ecuador, che ieri aveva tenuto una conferenza stampa per rivolgere un ultimo appello ai parlamentari, dopo quello che era arrivato lo scorso fine settimana dalla Conferenza episcopale ecuadoriana (Cee). “Nel dibattito di questi giorni – prosegue il presule – si diceva che l’aborto sarebbe stato consentito solo in caso di violenza sulla madre, ma non era vero, c’erano molte altre possibili cause per consentire la sua legalizzazione. A nostro avviso, si trattava di una proposta incostituzionale. Devo dire che come Conferenza episcopale e anche qui nell’arcidiocesi, con i progetti coordinati da mons. Danilo Echeverría, abbiamo fatto un grande lavoro, sia di contatto e dialogo con i parlamentari, sia nella sensibilizzazione dei movimenti ecclesiali e dei fedeli. Un lavoro intenso che ha dato i suoi frutti, anche se esso non si ferma e deve continuare”.