Mentre al ministero dell’Economia si lavora a ritmi serrati per mettere a punto la Nadef (Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza), il testo che anticipa le coordinate fondamentali della legge di bilancio, dall’Ocse arriva la conferma della stasi della nostra economia. L’organizzazione dei Paesi più sviluppati vede una crescita zero per l’anno in corso e taglia le stime per il 2020 da +0,6% a +0,4%. In termini finanziari c’ è il rischio che questo andamento finisca per assorbire i notevoli risparmi determinati dal calo dello “spread” che è stato innescato dalla nascita del nuovo governo. Questo calo, in pratica, comporterà meno interessi da pagare sulle risorse che l’Italia deve procurarsi nei mercati internazionali per coprire il suo imponente debito pubblico.
In termini reali le stime fotografano la situazione della nostra economia che il nuovo esecutivo ha avuto in eredità dal precedente.
A luglio, ha fatto sapere nei giorni scorsi l’Istat, il fatturato e gli ordinativi dell’industria, sono diminuiti rispettivamente dello 0,5% e del 2,9%. Nello stesso mese anche la disoccupazione, dopo i dati positivi del primo periodo dell’anno, ha segnato un lieve aumento. A dimostrazione che il quadro occupazionale, in assenza di crescita (il Pil nel secondo trimestre dell’anno è rimasto immobile rispetto al primo trimestre), resta molto fragile. Il numero di ore lavorate permane ancora al di sotto dei livelli pre-crisi (come dimostra anche la diffusione del part time involontario, che copre i due terzi del totale di questa tipologia) e aumenta in modo significativo la cassa integrazione, soprattutto quella “in deroga”, che purtroppo è spesso l’anticamera della disoccupazione. Ad agosto, nel pieno della crisi di governo provocata dal leader leghista Salvini, l’indice del clima di fiducia dei consumatori era sceso da 113,3 a 111,9 e quello delle imprese da 101,2 a 98,9.
Il fatto che in difficoltà non sia soltanto l’Italia non relativizza i nostri problemi, piuttosto li aggrava, dato che la nostra economia è fortemente dipendente dalle esportazioni. Il caso più eloquente è quello della Germania, che secondo i dati Ocse crescerà quest’anno dello 0,5% (contro il +0,7% stimato a maggio) e solo dello 0,6% nel 2020 (a fronte del +1,2% stimato pochi mesi fa). Ebbene, la Germania è il nostro partner principale, con un interscambio di 130 miliardi di euro, come ha ricordato il nostro Presidente della Repubblica dopo l’incontro con il suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier. Basti pensare – ed è stato ancora Sergio Mattarella a evidenziarlo – che il volume del commercio tra la Germania e la nostra sola Lombardia è maggiore di quello tra la Germania e il Giappone, e quello tra la Germania e il solo Veneto è superiore al volume del commercio tra la prima e il Brasile.
In un contesto internazionale ed interno tutt’altro che favorevole, insomma, il nuovo governo ha davanti a sé la sfida di far ripartire l’economia e allo stesso tempo “tenere i conti in ordine”, come ha sottolineato Giuseppe Conte nel recente incontro con i sindacati. Sarà un’impresa ardua perché si parte già con 23,1 miliardi da reperire per evitare l’aumento dell’Iva e 3-4 miliardi da destinare alle spese indifferibili (per esempio le missioni di pace all’estero).
Nell’incontro con i sindacati, il Presidente del Consiglio ha sintetizzato i temi che l’esecutivo intende mettere al centro della prossima “manovra”: alleggerimento della pressione fiscale, in particolare di quella sul lavoro (si parla di “taglio del cuneo fiscale”); una nuova agenda di investimenti eco-sostenibili; un piano strutturale di interventi per il Mezzogiorno. A questi ha aggiunto la lotta all’evasione fiscale e un piano straordinario per la sicurezza sul lavoro. Il tutto in un orizzonte di programmazione triennale.
Vedremo in prima battuta nella Nadef, il 27 settembre, e poi soprattutto nella legge di bilancio, il 20 ottobre, in che maniera l’esecutivo intende affrontare questa sfida. Per ora si può soltanto registrare positivamente il metodo del confronto con le parti sociali, non solo a giochi fatti, ma nella costruzione dei provvedimenti. Il confronto con i sindacati proseguirà su due “tavoli”: con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, sul taglio del cuneo fiscale e sugli investimenti, e con il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.
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