“Ho visto tanta distruzione ma anche tanta fede”: così l’arcivescovo di Genova, card. Angelo Bagnasco, racconta il suo viaggio in Siria. Partito lunedì 16 settembre, il porporato, che è anche presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), è rientrato ieri a Genova e al telefono prova a raccogliere le tante emozioni e immagini vissute in questi giorni trascorsi ad Aleppo, città simbolo di un conflitto entrato ormai nel suo nono anno.
“Ho accolto senza esitazioni un invito da parte delle comunità cristiane di Aleppo e del parroco, padre Ibrahim Alsabagh – spiega il porporato –. Ho visto un Paese mezzo distrutto e una città martoriata, uno scempio in tutti i sensi compiuto dai gruppi armati in lotta. Ma nello stesso tempo, a fronte di questa situazione veramente difficile e grave,
ho potuto conoscere delle comunità cristiane decise a risorgere e ad aiutare il Paese a ricostruirsi. Questo attraverso una maggiore coesione interna tra le diverse comunità cattoliche, che sono di diversi riti, e cristiane, in particolare con le ortodosse. Insieme cercano di infondere speranza e fiducia e dare coraggio a resistere, oggi come ieri, nel tempo della distruzione e in quello della ricostruzione”.
Eminenza cosa altro l’ha colpita di questa visita in Siria?
Sono rimasto colpito da alcune famiglie che ho potuto incontrare nelle loro case ricostruite grazie agli aiuti, in particolare, della Cei provenienti dai fondi dell’8×1000. Accompagnato dal loro parroco padre Ibrahim ho benedetto i locali rinnovati e le famiglie che vi hanno fatto ritorno, con i loro piccoli. Ho notato la felicità nei loro volti. Ho visto anche una grande dignità davanti al lavoro che manca. La casa è fondamentale così come un’occupazione. Diversi papà mi hanno confidato di avere tanta difficoltà a mettere insieme il pranzo con la cena per le loro famiglie.
Nei giorni trascorsi in Siria è riuscito a farsi un’idea del perché di questa guerra?
Molti siriani si domandano il perché di questa guerra. Tutti si interrogano, sono consapevoli di non avere la verità in mano. Certamente riconoscono alcuni elementi di questo conflitto ma ciò che sfugge è il disegno complessivo e reale di quanto sta accadendo. In mezzo a tanta nebulosità politica, dove diverse forze esterne e internazionali sono entrate in gioco, ho rilevato – e lo vorrei sottolineare con chiarezza – la durezza delle sanzioni.
Finché ci saranno le sanzioni temo che la ricostruzione economica e sociale del Paese sarà molto difficile.
Credo che le sanzioni siano una forma di guerra per affossare un Paese. Se così fosse sarebbe assolutamente ingiusto e inaccettabile.
Ora che è rientrato come pensa di tenere vivo il ricordo di questo viaggio?
Ho promesso ai fedeli, ai sacerdoti, religiosi e ai vescovi che ho incontrato in Siria, insieme al nunzio apostolico, card. Mario Zenari, di raccontare ciò che ho visto e udito questi giorni e di testimoniare il buon esempio di queste comunità siriane segnate da tanti morti e da tanti martiri. È necessario continuare a dare il nostro aiuto. Lo Stato, infatti, non riesce a fare fronte alla ricostruzione, e nemmeno la Chiesa locale. Quest’ultima cerca di darsi da fare con aiuti che giungono da altre conferenze episcopali, come la nostra, e da benefattori, innanzitutto per ricostruire case e appartamenti da riconsegnare alle famiglie proprietarie che le abitavano già prima della guerra.
Porterà la sua testimonianza al Consiglio episcopale permanente del 23 settembre?
Lunedì al Cep farò un piccolo accenno a questo viaggio anche perché mi hanno incaricato di ringraziare la Cei per la sua vicinanza e generosità. In Siria ho visto un grande entusiasmo e tanta riconoscenza da parte dei fedeli. Sono visite importanti perché non li fanno sentire abbandonati. La Siria è Terra Santa, grazie a san Paolo. Andare sulle orme dell’Apostolo come pellegrini non farà altro che aiutare questo martoriato Paese a risollevarsi.
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